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Rinascita Donna

Rinascita donna: Quello che i bambini non dicono

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lucado_copertinaNel mese in cui si celebra la Giornata Mondiale del Disegno (27 Aprile), istituita dal Consiglio Internazionale di Associazioni di Graphic Design nel 1963, la rubrica Lu.C.A.Do. affronta il tema della violenza assistita dai minori, spesso spettatori e vittime di una violenza che si consuma nelle mura domestiche. Ma andiamo per gradi.

Cosa s’intende per violenza assistita? La violenza assistita è una forma di violenza domestica1 che consiste nell’obbligare un minore ad assistere (da qui il termine “assistita”) a scene di aggressività o violenza verbale, fisica, sessuale, psicologica o economica, che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare, tra persone che costituiscono per lui un punto di riferimento e legate a lui affettivamente. La violenza può essere agita su persone che siano adulte o minori, da attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima2.

Quali sono gli effetti della violenza assistita? La violenza assistita, in quanto maltrattamento psicologico, comporta effetti a livello emotivo, cognitivo, fisico e relazionale provocando conseguenze dannose anche nei casi in cui il bambino e/o la bambina non manifesti un sintomo immediato.

Quante tipologie di violenza assistita esistono? Nell’ambito della violenza assistita, occorre distinguere i casi in cui i bambini e le bambine fanno esperienza direttaindiretta della violenza. Nel primo caso, come dice la parola stessa, il minore vive direttamente le scene di violenza; nel secondo caso ne è messo al corrente o ne percepisce, indirettamente quindi, gli effetti negativi di situazioni che vanno dalla piccola violenza quotidiana, come ad esempio un litigio tra genitori, alle forme più gravi e ripetute di violenza e maltrattamenti, che provocano nel bambino e nella bambina effetti molto gravi, a volte anche paragonabili alle conseguenze degli abusi.

Quali le conseguenze? La violenza assistita ha sui minori numerose conseguenze. Spesso si sentono in colpa per la situazione che si è venuta a creare e si sentono impotenti e incapaci di intervenire. Quando l’esposizione a scene di violenza è ripetuta, il benessere, lo sviluppo individuale e la capacità di interagire in modo funzionale a livello sociale sono seriamente compromessi, sia durante l’adolescenza che nell’età adulta. Nell’immediato, la violenza assistita può causare diverse manifestazioni di disagio come stress, depressione, difficoltà scolastiche, ridotte capacità empatiche, bassa autostima, svalutazione di sé, e, sul lungo periodo, aumenta il rischio della riproducibilità, ossia di sviluppare comportamenti violenti in età adulta, assumendo la violenza come legittimo strumento relazionale, cosa che avviene soprattutto nei rapporti di coppia. Spesso i genitori sono i primi a sottovalutare i danni della violenza domestica sui figli.

Molte mamme picchiate quando sono interrogate sulla possibile percezione che di tutto questo possono avere i figli, rispondono che i bambini dormono in un’altra stanza, o che comunque dormono, o non sono presenti, o non sentono o non capiscono e sicuramente sono tenuti fuori dagli episodi di violenza. Stessa cosa affermano i genitori che litigano con i figli in casa, anche se in un’altra stanza. Non solo vedere la violenza ha un impatto doloroso, confondente e spaventoso per i bambini. Lo ha anche sapere che determinate cose avvengono, constatarne gli effetti vedendo mobili e suppellettili distrutti, venire a contatto o a conoscenza degli effetti fisici del maltrattamento famigliare3.


La ragione per cui i bambini sono influenzati così negativamente dalla violenza assistita ha a che fare con il vissuto di impotenza e con la loro incapacità di comprendere, che li porta ad equivocare sulle cause degli scontri fra i genitori, attribuendole al proprio cattivo comportamento. I genitori possono anche farli sentire responsabili dei loro litigi. Inoltre, tali situazioni portano i bambini a sviluppare comportamenti adultizzati d’accudimento verso uno o entrambi i genitori e fratelli, e diventare i protettori della vittima mettendo in atto a tal fine numerose strategie.

Possono avere continui pensieri su come prevenire la violenza e mettere in atto comportamenti volti a calmare il maltrattante assumendo anche comportamenti compiacenti imparando a dare ragione all’uno o all’altro genitore a seconda delle circostanze. In adolescenza, compaiono conseguenze diverse a seguito del maltrattamento domestico cronico e specialmente in questa fase, i ragazzi che si identificano con il padre imparano a credere che la violenza contro le donne sia un modo di comportarsi virile e accettabile. A questo proposito è importante sapere che una ricerca sul bullismo a scuola ha dimostrato che il 61% dei bambini vittime di violenza assistita diventano bulli, e che il 71% dei bambini che a scuola sono vittime di bullismo subiscono violenza assistita in famiglia. La posizione di questi bambini è dovuta, secondo l’autrice, ai sentimenti di diminuita autostima, aumentata depressione e paura conseguenti all’assistere ad atti di violenza famigliare che li induce a essere più facilmente identificati come possibili vittime da parte dei bulli4.

Come aiutare i bambini e le bambine vittime di violenza domestica? Il lavoro più importante è quello di investire sulla prevenzione. Quando la violenza è già posta in essere occorre fermarla prima di pensare a degli interventi di sostegno psicologico o di terapia del/della bambino/a o della donna. Ciò potrà parere scontato in casi di violenza estrema, ma purtroppo non lo è in tutti quegli innumerevoli casi in cui la violenza famigliare (non solo fisica ma anche verbale) è ormai cronica senza che né i genitori né gli operatori riescano a comprendere la gravità dei danni prodotti sui bambini.

Ma vediamo: cosa c’entra la Giornata Mondiale del Disegno con la violenza assistita? L’immagine e dunque il disegno, spesso utilizzato dai bambini più piccoli per comunicare le loro emozioni e i loro stati d’animo, può diventare, soprattutto nel caso di bambini vittime di violenza assistita e subita, uno strumento di prevenzione e/o di cronicizzazione della violenza, in quanto conserva una capacità comunicativa che permette di comprendere discorsi semplici nell’immediato già a partire dallo ”scarabocchio” e senza bisogno di un linguaggio complesso.

Come si osserva un disegno? Nell’esaminare un disegno infantile bisogna prima di tutto tenere conto dell’ambiente socio-culturale in cui il bambino è cresciuto, del grado di sviluppo della sua tecnica grafica e del fatto che, fino all’età di cinque-sei anni, egli è portato a raffigurare le cose non per come le vede ma per come le conosce (realismo intellettuale). In particolare, nell’età compresa tra i tre e i quattro anni, il disegno della figura umana contiene solo gli elementi più importanti: la testa (con l’unico particolare degli occhi, che fin dalle prime fasi della percezione esercitano una grande attrazione), le braccia e le gambe. Tra quattro e cinque anni appaiono il busto con l’ombelico, poi altri particolari del viso e le prime tracce di abiti; a sei il bambino prende piena coscienza del proprio corpo e sul foglio trovano posto anche le mani e il collo. L’ultimo passo in avanti sarà rappresentato dall’uso della figura vista di profilo. Per meglio interpretare il messaggio contenuto in ciascun disegno, gli psicologi fanno ricorso a chiavi di lettura e simboli specifici, la cui interpretazione, sebbene abbia basi scientifiche, rimane sempre e comunque soggettiva. Una complessa simbologia che di volta in volta indica in quali elementi grafici si possono ricercare le tracce di un disagio, di un malessere o forse solo di un carattere difficile: dal modo in cui il bambino occupa lo spazio nel foglio (che esprime le relazioni tra soggetto e ambiente circostante) alla qualità del tracciato delle linee e dei segni.

Ci sono poi altri particolari che possono fornire importanti informazioni: l’orientamento degli elementi grafici verso la parte sinistra del foglio indica la ricerca della protezione materna, ma anche malinconia e introversione; verso destra, rappresenta fiducia nel futuro e un maggiore legame con il padre; le figure piccole rappresentano intelligenza acuta, attenta ai particolari, quelle grandi un’intelligenza più intuitiva e sommaria. Se le figure rappresentate sono chiare e ben definite, il bambino è ubbidiente e tranquillo, se incompiute, è capriccioso ed impulsivo. La presenza dei margini in un disegno rappresentano la consapevolezza che il bambino ha dei propri limiti intellettivi e caratteriali; l’assenza, al contrario, indica fiducia in sé (anche troppa) e poco rispetto verso gli altri. Anche il tratto del disegno assume valori precisi: un segno ben impresso è sintomo di energia, carattere forte e volitivo che può sfociare nella violenza; gli assottigliamenti indicano uno stato di emotività e, se troppo frequenti, rappresentano angoscia e sofferenza; le linee curve, in genere, indicano invece un carattere accomodante.  Altri aspetti da osservare sono l’uso di linee acute e tratti spigolosi, spesso spia di capricci causati da sofferenze interiori, e soprattutto la presenza di eventuali cancellature (fatte con la matita o attraverso l’uso di un colore coprente, come il nero) che mostrano la voglia di far scomparire e rimuovere qualcosa che provoca fastidio o dolore.

Quali sono i possibili temi oggetto di osservazione? Il disegno della figura umana (all’inizio, come abbiamo visto, si tratterà soltanto del cosiddetto omino, vale a dire un semplice uovo con le braccia) rappresenta una delle occasioni migliori per ricavare informazioni sulla psiche dell’autore. Ogni particolare fisico disegnato dal bambino rimanda a una sua precisa caratteristica: la testa rappresenta il potere intellettuale, il centro della persona, la bocca e i denti l’erotismo e l’aggressività, il mento la virilità, gli occhi la socialità, il naso esprime problemi sessuali, il tronco la stima del proprio corpo. Attraverso la raffigurazione dei propri coetanei è possibile intuire il ruolo, la posizione sociale rivestiti dall’autore all’interno del gruppo. Lo stesso vale per la famiglia sulla cui raffigurazione è stato elaborato un vero e proprio test (Il disegno della famiglia) che permette di risalire alle dinamiche familiari attraverso l’analisi dei rapporti di spazio esistenti tra i diversi membri, l’individuazione del familiare posto in posizione di maggiore risalto, di quello sminuito e di quello invece aggiunto.

Cosa può rivelare l’uso del colore? Anche l’uso di un colore piuttosto di un altro può aiutare a comprendere la vita emotiva di un bimbo, senza però dimenticare che anche in questo caso lo psicologo chiamato a fornire la propria lettura dovrà tenere ben presente l’età dell’autore del disegno da esaminare: nei primi anni di vita si tende infatti a preferire i colori caldi (rosso e giallo) poi, crescendo, la scelta cade su quelli freddi (blu, verde e viola). Inoltre, quando i bambini, che inizialmente colorano gli oggetti non come li vedono ma sulla base del loro stato d’animo, scoprono la relazione esistente tra oggetto e colore, tendono a riprodurre in continuazione tale relazione; così, una volta scoperto che il cielo è blu e che il tetto della propria casa è rosso, tutti i tetti saranno rossi e il cielo sarà sempre blu. Più in generale, ad ogni colore corrisponde un particolare stato emotivo: il giallo rappresenta un carattere superficiale; l’arancione la vivacità e l’allegria; il rosso l’energia e la determinazione; il blu la nostalgia e la purezza; il verde la quiete e la riflessione; il violetto tristezza e solitudine. Infine la scelta cruciale tra il bianco e il  nero: il bianco indica una propensione per il silenzio, il nero un atteggiamento di rifiuto e di chiusura5.

Nel mese dedicato alla Giornata internazionale del Disegno, lo Staff di Lu.C.A.Do. (Lucera Progetto Antiviolenza Donna), coglie l’occasione per comunicare a tutti i lettori e le lettrici che a breve, sulla pagina Facebook di Lu.C.A.Do. sarà pubblicato un evento di Arte Postale intitolato: ”Cogli un’opportunitArt”. Tale evento, al quale siete tutti/e invitati/e, prevederà la creazione di cartoline, che potranno essere realizzate con le più svariate tecniche (disegno, pittura, collage, cut-up, caviardage etc…) sul tema delle “pari opportunità” e/o della “violenza di genere”. Tutte le cartoline realizzate, potranno poi essere spedite mediante posta e parteciperanno alla mostra, che noi dello staff Lu.C.A.Do. allestiremo nel giorno del 25 Novembre 2016, giorno in cui ricorre la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.

Clicca qui per entrare in contatto con lo staff di Lu.C.a.do

1 Cfr: http://www.osservatoriopedofilia.gov.it, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Pari Opportunità. Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile.

2 Art.3, b, Convenzione di Istambul, 11 Maggio 2011.

3  Luberti R, Pedrocco Biancardi M.T. (2005) introduzione al libro La violenza intrafamigliare assistita, Franco Angeli, Milano

4 Baldry A.C. (2003) “Bulliyng in schools and exposure to domestic violence” in Child Abuse and Neglect, 27, 713 – 732

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