“I scheaccavèlle”, Quadernetto di – Romano Petroianni (leggi biografia)
I scheaccavèlle
(I / sch-accavell)
È una delle tante parole nel linguaggio lucerino che evidenzia la grande estrosità, la grande fantasia accumunata da un grande spirito di osservazione che rasenta, a dir poco, l’eccessiva pignoleria dei nostri antenati.
Difatti, “I scheaccavèlle” (I / sch-accavell) altro non sono che le “Susine” o “Prugne”. Questo termine lucerino, espresso al plurale, si accosta con lo strumento musicale “I cheaccavèlle” (I / ch-accavell) “Le caccavelle”.
A distinguere queste due parole è solo il prefisso “s”.
Come “l’epilogo stimolante di un episodio di romanzo o film a puntate, simile a un telenovela”:
– “Come proseguirà?” ….
Così viene fuori la spontanea osservazione:
– “Cosa accomuna il frutto del prugno allo strumento con la piccola cassa armonica in uso nel napoletano?” –
A dare chiarezza sono nientemeno le regole della grammatica di Lucera, contenuta nel mio voluminoso libro di 3400 pagine intitolato “U rataville” (U / ratavill) nella seguente maniera:
– 1) “I cheaccavèlle” (I / ch-accavell) al purale, al singolare femminile “A caccavèlle” (A / caccavell) “La caccavella”. Come già affermato in un mio precedente quadernetto, è lo strumento musicale napoletano, rustico e rumoroso, con il particolare suono simile allo scoreggiare, alla flatulenza, che lo distingue dagli altri. Difatti la sua origine è:
– “Cra-c-cra-v-èlle” –
I cui minimi termini hanno i seguenti specifici significati:
– “Cra”, voce ripetitiva, voce onomatopea “Cra-cra”, ridotta a “Ca-ca”, rumore dell’evacuazione dall’intestino delle feci a seguito di diarrea. Per effetto della crasi perde la consonante “r”, molto fluttuante pari alla “l” (elle) che si scambia o si annulla. Ciò si verifica nel lucerino e in tanti altri dialetti in genere, come nei seguenti esempi..
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