Ricorre oggi, 25 maggio, il trentesimo anniversario della visita di Giovanni Paolo II a Lucera. Correva l’anno 1987 quando il pontefice iniziò una storica visita che si concluderà il 26 maggio, visitando varie comunità della provincia di Foggia, San Severo, Troia, Bovino, Ascoli Satriano, Cerignola e Lucera.
Prima di lasciare Lucera, il Santo Padre ringraziò i fedeli per l’entusiasmo della loro accoglienza, pronunciando le seguenti parole: “Ho definito Lucera ‘città della luce’. Adesso devo anche aggiungere: ‘città della voce’, perché non mancano voci in questa città. Ma la voce è sempre espressione del cuore. Non mancano i cuori, qui. Vi ringrazio per l’espressione di queste voci e dei vostri cuori.”
Qui di seguito il discorso completo del Santo Padre.
VISITA PASTORALE IN PUGLIA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA POPOLAZIONE DI LUCERA
Davanti alla Cattedrale di Lucera – Lunedì, 25 maggio 1987
(la foto fa parte dell’archivio del gruppo FOTO LUCERA COM’ERA UN VOLTA – Ascanio Iliceto)
Carissimi fratelli e sorelle!
1. Ringrazio di cuore Monsignor Vescovo per le sue nobili parole, dalle quali accolgo volentieri l’espressione dei sentimenti della comunità ecclesiale, recentemente affidata al suo zelo di pastore.
Con sincero affetto porgo a tutti voi il mio saluto. A voi, cari fratelli nel sacerdozio ministeriale, ai membri degli istituti di vita di speciale consacrazione, alla vasta schiera dei fedeli laici, uomini e donne, giovani, ragazzi e ragazze, particolarmente a quelli che più da vicino prestano la loro opera alla missione pastorale della Chiesa.
Rivolgo parimenti il mio pensiero affettuoso a coloro che non hanno avuto la possibilità di partecipare al nostro incontro: ai malati, agli anziani, ai sofferenti, ai bambini. Essi sono vivamente presenti nel mio cuore.
Saluto altresì il signor Sindaco e le altre autorità, esprimendo loro deferente e cordiale apprezzamento per la loro presenza.
2. Lucera, “città della luce”. Questa spontanea assonanza, che sgorga dalla radice del nome, evocata qui, nella chiesa cattedrale, porta spontaneamente alle labbra le parole di Gesù: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8, 12), “Voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 14).
La luce del Vangelo si è accesa in questa terra nei primi secoli del Cristianesimo. Da allora ha illuminato il cammino della vostra storia. Ne ha pervaso la trama alimentandone tutti i tessuti. Non solo non si è spenta, ma ha irrobustito il patrimonio della coscienza cristiana, diventato spina dorsale delle vostre tradizioni.
Ne è rimasta simbolo eloquente questa Cattedrale, la quale, se con le sue linee gotiche parla un linguaggio di affascinante vetustà, con la solidità della sua mole attesta la perdurante robustezza della fede cattolica della popolazione lucerina, nonostante l’alternarsi di varie traversie. Monumento d’arte, sì, tra i più insigni nella cerchia cittadina. Ma soprattutto monumento di fede, come tale costruito e successivamente custodito dagli antenati per il suo valore di simbolo.
3. In tempi meno lontani dai nostri una fiaccola, ardente della luce di cui parla il divino Maestro, prende nome da un grande figlio di Lucera: san Francesco Antonio Fasani, l’umile seguace del Poverello di Assisi, che ho avuto la gioia di canonizzare l’anno scorso e del quale ho visitato poco fa la tomba.
Nella sua vita si riscontra una circostanza che accade molto di rado: egli è stato “profeta” nella sua patria d’origine. Se si eccettua il ciclo della formazione teologica, trascorso in parte ad Agnone e in parte nella culla del francescanesimo, padre Fasani dedicò trentacinque anni di ministero sacerdotale a Lucera, città della sua infanzia e della sua giovinezza: praticamente, una vita vissuta e conclusa qui.
4. La voce comune attribuì al Fasani l’appellativo di “padre maestro”, raggruppando in sintesi le caratteristiche della sua personalità religiosa e sacerdotale, la santità della vita e la dottrina, lo zelo per le anime. Egli eccelse nell’assicurare una limpida continuità tra l’altare, il pulpito, il confessionale. Ministero del sacrificio, ministero della parola, ministero della misericordia: ecco uno splendido trinomio che sta certo alle origini della capacità di donazione a tutti, particolarmente ai più poveri e disagiati, affinché non conosca zone d’ombra la luce del Vangelo.
Questo vostro santo si propone come modello esemplare di vita e di ministero sacerdotale, particolarmente valido in risposta alle esigenze del nostro tempo.
La mentalità moderna, dispersa fatalmente nei meandri della secolarizzazione, subdolamente tentata da ogni forma di seduzione materiale e tuttavia inquieta e insoddisfatta nell’intimo, ha bisogno di coerenza. Ha bisogno di testimonianza. È perciò di primario valore la figura del presbitero, che vive con intemerata e trasparente linearità la “Parola” che è stato chiamato a servire, della quale diventa personificazione nei momenti sacramentali, mentre consacra, mentre assolve. È quando si fa veicolo della verità.
Vorrei rilevare l’incidenza della predicazione della parola di Dio soprattutto nella forma di catechesi. Si tratta di porre basi sicure ed essenziali alla evangelizzazione e, talvolta alla rievangelizzazione, della società contemporanea. Si tratta di approfondire e irrobustire la fede dei credenti di fronte ai facili assalti del dubbio, dell’indifferenza, della tendenza a separare dalla fede l’ordine morale.
A voi, dilettissimi confratelli nel presbiterato, rivolgo l’invito a meditare costantemente l’accorata raccomandazione di san Paolo: “Annuncia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna . . . vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del Vangelo, adempi il tuo ministero” (2 Tm 4, 2-5).
5. Dalle orme lasciate da padre Fasani sul suolo pugliese, deriva tuttora un forte incitamento alla santità, che deve tradursi nella concreta attuazione degli orientamenti che il Vaticano II ha delineato nel suo testo fondamentale – la costituzione dogmatica Lumen Gentium – trattando dell’“Universale vocazione alla santità nella Chiesa”. E insieme con padre Fasani vorrei ricordare i vari servi di Dio, dei quali è in corso il processo informativo sulla vita e sulle virtù, che sono nati o che hanno operato nelle diocesi della Capitanata.
Santa per costituzione e per la indefettibile assistenza divina, la Chiesa è madre di santità in tutti i suoi membri, i quali non possono non essere consapevoli di una tale ricchezza, che ricevono germinalmente nel battesimo e vanno poi gradualmente sviluppando attraverso la vita sacramentale, la preghiera, le buone opere e nell’esercizio della propria attività durante il pellegrinaggio terreno.
La santità è il supremo impegno di ogni credente. È il segreto per pensare e per agire sempre da cristiano autentico, in qualunque contesto storico ed in ogni situazione esistenziale.
Una responsabilità maggiore incombe a coloro che hanno ricevuto la specifica chiamata alla donazione totale nella vita religiosa, il cui carisma è destinato non solo alla santificazione personale, ma anche all’edificazione della comunità, per quel potente vincolo di solidarietà spirituale che stabilisce tra noi una profonda unione di anime. In questa visuale, san Francesco Antonio Fasani, integro interprete dell’ideale del Serafico Padre di cui assunse il nome, costituisce un peculiare esempio per i religiosi e le religiose.
Ma “tutti i fedeli, di qualsiasi stato o grado, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: da questa santità è promosso, anche nella società terrena, un tenore di vita più umano” (Lumen Gentium, 40). Tutti i fedeli, anche i laici, senza alcuna distinzione! Essi sono membri effettivi e attivi del Popolo di Dio e del corpo mistico di Cristo che vivono nel mondo, e come tali hanno una vocazione ed una missione propria: quella “di illuminare e ordinare le cose temporali, alle quali sono strettamente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Cristo, e crescano e siano lode al Creatore e Redentore” (Lumen Gentium, 31).
L’affermazione del Signore: “Voi siete la luce del mondo” non ammette esclusioni. È bello poterlo ricordare in questo incontro, nel quale sono rappresentate tutte le componenti del Popolo di Dio pellegrino in terra lucerina. Vi sia tra voi una gara ed una collaborazione reciproca nella ricerca della santificazione. La nostra epoca ha bisogno di santi.
6. Lucera “città di Maria”. Tale la volle oltre sei secoli or sono il beato Agostino Kazotic, che fu Vescovo di questa sede dopo aver guidato l’arcidiocesi di Zagabria in Iugoslavia. “Città di Maria” è rimasta, per la dedicazione del tempio cattedrale al mistero dell’assunzione della Vergine in cielo e per l’affettuosa devozione mariana di cui è permeata la religiosità dei suoi abitanti. A tale devozione ha dato un grande contributo anche l’apostolato di padre Fasani, infaticabile nel far conoscere la figura della Madre di Dio e il suo ruolo nella storia della salvezza.
Questa preziosa eredità contribuirà ad avvalorare la celebrazione dell’Anno Mariano che sta per iniziare, perché segni efficacemente, con una fervida rinascita cristiana, la preparazione al grande Giubileo del Duemila.
La Vergine di Nazaret, aiuto dei cristiani, regina di tutti i santi, interceda per questa “sua” città e la protegga.
Con la mia affettuosa benedizione apostolica.
Prima di lasciare Lucera per raggiungere Troia, il Santo Padre ringrazia i fedeli per l’entusiasmo della loro accoglienza, pronunciando le seguenti parole.
Ho definito Lucera “città della luce”. Adesso devo anche aggiungere: “città della voce”, perché non mancano voci in questa città. Ma la voce è sempre espressione del cuore. Non mancano i cuori, qui. Vi ringrazio per l’espressione di queste voci e dei vostri cuori.
Lino Montanaro