Riceviamo e pubblichiamo con piacere una recensione del Dott. Giuseppe Trincucci sul libro “Lucera di una volta“, degli autori Lino Montanaro e Lino Zicca.
Quelli della mia generazione e dintorni hanno avuto la singolare ventura di vivere un tempo di grandi trasformazioni e cioè di aver visto chiudersi un tempo che conservava usi e abitudini molto antiche che si riferivano anche alla fine del Medioevo e innovazioni di straordinaria valenza.
Nella nostra infanzia abbiamo visto contemporaneamente nelle vie cittadine il carretto con l’asino o il mulo così come si usava da tempi antichissimi e sfrecciare in cielo il jet supersonico, sapere dei satelliti, con i nuovi mezzi di comunicazione sociale che si proponevano – spesso senza riuscirci – alternativi alla carta stampata.
Assistere a tale repentino passaggio di mode, di epoche, di costumi, dei mezzi di produzione e dei mezzi di comunicazione è stato a ben vedere un singolare privilegio; quello di essere assieme i primi abitanti del villaggio globale e gli ultimi uomini del mondo antico.
Oggi si lamenta che questo passaggio ha distrutto molti dei valori del tempo antico che con la perdita della loro memoria andranno irrimediabilmente perduti. Ma ormai sembra che pochi restano a lamentarsi di questa perdita, proprio determinata dall’assenza del ricordo. Ciò procura non poche amarezze perché tali ricordi legati a un colore, un sapore, un odore ci potrebbero far uscire dalla monotonia del tempo presente, massificato e globalizzato. Bisognerebbe comunque trovare il giusto equilibrio tra ciò che abbiamo perso e quello che abbiamo conquistato e capire come questi nuovi valori e questi nuovi spazi sono offerti con tutti i vantaggi del progresso.
Se i ricordi sono soppiantati da altre linee guida nei comportamenti e nelle scelte, è avvertita altresì da molti la necessità che tutto quello che il valore di ciò che il nostro passato è ancora in grado di dirci e di darci, testimoniato anche attraverso libri e memorie.
Questa e altre considerazioni avranno convinto Lino Montanaro e Lino Zicca a scrivere un nuovo volume a quattro mani Lucera di una volta. Il libro ha un lungo sottotitolo didascalico e introduttivo: Personaggi, storie, costumi, mestieri, credenze, superstizioni e altro, che promette quindi di essere una summa di una immensa mole di notizie ma soprattutto di ricordi. Innanzitutto va segnalato come i due autori hanno lasciato da anni Lucera e lavorato e vissuto sempre lontani dalla terra natale e tranne alcune che per sporadiche occasioni e ritorni, continuano a vivere lontani dalla loro città natale.
Il libro si arricchisce della dotta e conclusiva presentazione di Grazia Galante, che della sua città natale ha pubblicato in più volumi quanto era pubblicabile sul piano della tradizioni, dal dialetto alla cucina sammarchese e garganica, dai soprannomi ai proverbi, dalle fiabe alle tradizioni religiose.
La cultura etnografica su Lucera ha radici antiche con una significativa produzione di opere. A parte qualche sporadico articolo apparso su fogli locali, disperso nell’effimero successo del giornale, la prima persona che ha fissato i ricordi della civiltà popolare è stata (Giuseppina) Pinotta Bellucci che svolse nell’ormai lontano 1953 la sua tesi di laurea intitolata Le tradizioni popolari a Lucera – Appunti di etnografia e civiltà nel 1950. Relatore della tesi il professor Paolo Toschi che fu uno dei fondatori della etnografia italiana su basi scientifiche, praticamente il padre dello studio accademico delle tradizioni popolari in Italia, occupando la cattedra di Storia delle tradizioni popolari dal 1938 al 1968 presso l’università della Sapienza di Roma.
La giovanissima Pinotta raccolse con metodo scientifico dalla fonte viva delle diverse persone intervistate notizie e con riferimenti alle tradizioni popolari di Lucera, una sorta di fotografia di quanto era vivo e presente a Lucera nel 1953: un anno che non avrebbe apparentemente nulla di particolare, ma che cadeva in un periodo che offriva una caratteristica particolare, quella di essere uno degli ultimi anni a non essere colpito da una forte immigrazione interna nella città soprattutto dal preappennino e da altre aree interne delle regioni vicine. Questa immigrazione avvenuta massicciamente negli anni successivi avrebbe inciso non poco nelle abitudini e nei costumi lucerini, modificando abitudini e consuetudini anche alimentari.
La tesi della Bellucci, recentemente riproposta con una preziosa opere a stampa, è divisa in due parti riferite al ciclo dell’uomo e a quello dell’anno. Nel libro si raccontano mirabilmente le tradizioni locali divenendo un prezioso portolano per iniziare ricerche e per arricchirlo di altri elementi.
Dopo di lei Enrico Venditti, grande culture di dialetto e che ebbe il merito di dargli per primo dignità poetica, aveva scritto interessanti interventi giornalistici, sicuramente utili per la conoscenza del passato lucerino.
Negli ultimi anni del Novecento dalla fucina del giornale «Il centro», che costituisce un’irripetibile stagione del giornalismo locale, sono stati prodotti alcuni dei più preziosi contributi di etnografia, a cura di Vincenzo Palumbo e da Raffaele Montanaro, che del giornale fu fondatore e ininterrottamente direttore responsabile, dal 1981 al 2005.
Gli scritti di Vincenzo Palumbo (1930 – 1999), che per motivi di lavoro stette lontano dalla sua piccola patria fin dall’epoca giovanile, sono brevi ma intensi racconti scritti – come afferma il suo autore – non per rappresentare “un elogio dei tempi andati, ma come invito nei tempi presenti a riconoscere le proprie radici”. Palumbo attribuiva ai suoi interventi un valore didattico da offrire alle nuove generazioni. I contributi, che furono pubblicati nel giro di molti anni con una frequenza precisa, sono ben cinquantuno e sono stati raccolti recentemente in volume. In essi troviamo una puntuale descrizione di quanto accadeva negli anni della sua giovinezza a Lucera: sono ricordati giochi, mestieri, feste, abitudini alimentari e la stessa quotidiana vita in famiglia. Forse oggi alcuni passaggi tra quelli raccontati farebbero solo sorridere, soprattutto per chi quelle situazioni vede lontane e forse scarsamente comprensibili, ma la passione, la verve, l’ansia del ricordo prima che tutto scompaia e si polverizzi restano motivo di costante interesse e di motivata gratitudine per questo autore.
Questa stessa passione civile e morale troveremo nei due libri che Raffaele Montanaro dedica al racconto delle antiche tradizioni lucerine I mestire de na vote (I mestieri di una volta) del 1998 in cui vengono ben descritti tutti i mestieri, alcuni dei quali ormai scomparsi, presenti a Lucera fino alla prima metà del Novecento. L’altro libro Ati timpe (Altri tempi) è dedicato a episodi concreti della vita cittadina e ai personaggi che la animarono. Questo libro contiene anche elementi autobiografici relativi alla seconda guerra mondiale, alla liberazione e all’occupazione alleata, aggiungendo nuovi elementi a un periodo lacunoso di fonti. La storia raccontata da Montanaro in questo libro ci riporta a un periodo della vita cittadina molto intenso, in cui la città subiva una trasformazione epocale: si trasformavano luoghi che per tanti erano mitici, cessavano alcune attività, si perdevano antiche abitudini come andare in carrozzella, raggiungere i campi arati a piedi o a dorso di mulo, visitare e abitare masserie animate da uomini e da attività, seguire i riti religiosi con attenta partecipazione, crescere in quartieri ritenuti l’unico centro del mondo, illudersi di costruire un mondo migliore con sincero entusiasmo, avere fiducia negli altri e nella loro solidarietà, trovare entusiasmo e passione civile per avere un costante impegno politico.
Dopo questi libri la difesa degli antichi valori espressa con libri e scritti subisce un’apparente battuta di arresto. Montanaro e Zicca tengono però acceso il lucignolo del ricordo di tempi del passato, che in molti casi è stato concreto vissuto. Non sono peraltro nuovi a scrivere come coppia affiatata di affabulatori nel presentare alcune pubblicazioni di respiro diaristico come Bar De Chiara (un ampio album di fatti e fantasie legate alla frequenza di un bar cittadino luogo di aggregazione e di svago) da cui è stata ricavata una apprezzata riduzione teatrale e come Scuola di Ragioneria (un album di ricordi scolastici) articolato in parti descrittive e in dialoghi immaginari. Zicca che ha avuto un brillante passato politico nel Pci provinciale ha anche offerto tre libri dedicati alla sua passione politica e con taglio storico scientifico come la storia del Pci di Lucera dalla sua costituzione alla riforma della Bolognina e un altro dedicato a Domenico de Simone, non dimenticato amministratore del Comune di Torremaggiore e parlamentare, mentre annuncia nuove pubblicazioni, frutto di nuove intense ricerche d’archivio.
Quest’ultimo densissimo libro è invece un vasto e completo affresco della vita e delle tradizioni della loro città natale costruito con molta cura e con attenzione alla ricostruzione e riproposizione fedele di una seria ininterrotta di eventi, di fatti, di persone e di abitudini. Viene ricostruita la vita minuta di ogni singolo cittadino, delle sue abitudini di vita, della sua alimentazione, della celebrazione delle feste fino alla descrizione di fatti di costume. Per costruire questa storia i due autori sono ricorsi alla trascrizione di modi di dire, di parole che altrimenti andrebbero dimenticate.
E Grazia Galante nella sua dotta presentazione bene ha fatto a intravedere in questo lavoro una chiara descrizione della civiltà di un intero popolo, di una comunità che si riappropria della propria identità con orgoglio e con quel pizzico di speranza che aiuta con la valorizzazione del passato a pensare al proprio futuro con rinnovata fiducia.
Giuseppe Trincucci
Ricordiamo che è possibile richiedere il libro inviando un‘email a: montanaro.lino@libero.it