I proverbi e i modi di dire lucerini sono tanti. Di solito la loro origine è lontana e frutto di culture passate. Molto spesso hanno alle loro spalle un riferimento ben preciso, ovvero una storia e un significato, che non molti conoscono, dato che si tratta di detti appartenenti alla tradizione, alcuni scomparsi e altri poco in uso. Allora, non è mai troppo tardi per riproporli e questa rubrica offre un’opportunità piacevole, e speriamo interessante, per saperne di più.
” CIAONÈ! CI VEDIAMO CRÁJO! “
Traduzione: (Ciao! Ci vediamo domani!)
Significato: “Ciaonè (parola intera accentata sulla e, declamata con accento piemontese) erano gli emigranti lucerini e i loro figli che tra la fine di luglio e agosto ritornavano a Lucera per passare le ferie nella città d’origine.“
Curiosità: “Da qualche tempo, a Lucera si registra una diminuzione della popolazione residente a causa della partenza di tanti giovani o, addirittura, d’interi nuclei familiari verso il Nord dell’Italia o verso paesi esteri per la ricerca di occupazione e sicurezza economica, per dare alle proprie famiglie quel benessere che la nostra città non è in grado di offrire.
Proprio come una volta, quando gli emigranti partivano con solo poche lire e con le valigie di cartone che si chiudevano con lo spago, per raggiungere posti ove c’era richiesta di lavoro. Questi emigranti mantenevano, però, un forte legame con Lucera. Ogni anno, molti di loro, infatti, in occasione delle Fèste d’Aùste, affrontando un viaggio lunghissimo, che spesso era l’unico dell’anno, ritornavano nella nostra città..
Specialmente i giovani, entusiasti delle condizioni di vita della nuova realtà di residenza, parlavano con accento del Nord e in occasione dei saluti, per un incontro o per l’arrivederci, salutavano dicendo: “ciaonè”. Questa espressione, entrata nel linguaggio comune, era usata per indicare, appunto, gli emigranti di ritorno al Sud, che passavano con parenti e amici un periodo di riposo nella città di provenienza.
Il loro arrivo, comunque, era una grande festa in ogni famiglia perché questo ritorno era vissuto da tutti come un evento desiderato.
I ragazzi lucerini, con il cuore trepidante, aspettavano tutto l’anno l’arrivo delle ragazze ciaonè, che rappresentavano l’emancipazione, un mondo nuovo che si vedeva appena abbozzato in televisione, una ventata di maggiore libertà nei costumi. Con grande scorno delle ragazze lucerine che in quel periodo si sentivano o erano abbandonate. A volte però, con grande disappunto dei ragazzi che si vedevano sfilare dai ciaonè le loro ragazze o quelle che loro corteggiavano.
Con la fine di Agosto e anche prima, quasi come un brusco richiamo alla realtà, quei figli di Lucera salutavano i loro cari, per far ritorno nelle città che davano loro lavoro..
Oggi i nuovi migranti viaggiano in auto, le loro valige sono firmate e vantano titoli di studio prestigiosi. Però, oggi come allora, in occasione delle Fèste d’Aùste, ritornano, non per un mese, forse per pochi giorni, e non sono più chiamati ciaonè. Ora non c’è l’attesa trepidante per l’arrivo delle ragazze. Perché, qui, nonostante la forte disoccupazione giovanile, gli usi e i costumi non sono così diversi da quelli di una qualsiasi altra città d’Italia e d’Europa..
Rubrica di Lino Montanaro & Lino Zicca