La primissima infanzia è un periodo molto delicato per un bambino, in esso infatti si sviluppa la parte emotiva che risulta inevitabilmente legata all’amore trasmessogli dai genitori.
Avere una madre anaffettiva significa crescere soli.
Le madri anaffettive negano e si negano qualsiasi tipo di manifestazione di affetto, sono letteralmente incapaci di veicolare e comunicare affetto con il loro corpo, anzi percepiscono come superflue e irritanti le manifestazioni di affetto altrui cui si sottraggono risultando glaciali. Sono incapaci di incoraggiare e consolare, tendono maggiormente a squalificare, denigrare, spaventare, minacciare.
Ma la carenza di affetto manifesto non è l’unico problema della madre anaffettiva, che oltre a ciò si sottrae in toto alle compiti di madre, è assente, distaccata, delega ad altri le sue incombenze genitoriali che risultano un peso per lei.
Una madre anaffettiva è fondamentalmente concentrata su se stessa, si interessa dei suoi figli solo quando ha un suo tornaconto personale. Vuole che essi siano perfetti perché facenti parte della sua vita perfetta e non tollera il minimo errore.
Queste sono donne che non amano se stesse e che possiamo immaginare abbiano a loro volta vissuto il legame con una madre anaffettiva o comunque un’infanzia problematica e che purtroppo non hanno trovato nell’arco della loro vita qualcuno che le aiutasse a lenire le loro ferite emotive profonde.
I figli di madri anaffettive possono, in età adulta, sviluppare bassa autostima, sindromi abbandoniche, coartazione emotiva, difficoltà di gestione nelle relazioni interpersonali.
Ribadisco sempre che l’influenza ricevuta dalle prime relazioni con i genitori, può essere rinegoziata e ridiscussa dalle relazioni successive, che possono in qualche modo inserirsi come diretta conseguenza, o andare a colmare un vuoto e quindi modificare in maniera significativa un destino già segnato.
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