Ci sono termini nel nostro dialetto che sono utilizzati per manifestare il proprio disprezzo verso coloro che hanno un comportamento e uno stile di vita riprovevoli. Uno di questi termini è CIACIACCHE, che rafforzato diventa CIACIACCÓNE.
Termini, però, non più in uso, come l’espressione QUILL’ÉJE PROPEJE NU CIACIACCHE…
Con questo termine si indicava una persona volgare e spregevole, priva di serietà e correttezza, di scarsa moralità, falso e disposto a tutto per il proprio vantaggio. Una parola che assumeva maggiore gravità quando si riferiva al pappone, al magnaccia, cioè all’individuo che sfruttava e viveva dei guadagni della prostituzione.
Era usato anche per riferirsi al donnaiolo, un individuo terrore di tutte mamme che avevano figlie femmine, cioè al personaggio tra il parassita e l’uomo di mondo.
Le mamme mettevano in allerta le proprie figlie ”Figghja míje, quille éje nu sciupafèmmene e nu ciaciacche, nn’u dènne máje parlamínde e và dritta dritte“ (Figlia mia, quel ragazzo è uno sciupadonne e un donnaiolo, non gli parlare e vai dritta dritta per la strada)….
O, ancora, per individuare l’uomo sposato che manteneva relazioni con altre donne. Se il numero di queste donne era significativo, allora diventava “CIACIACCÓNE”.
Per concludere, i termini e le espressioni riportati sono diventati desueti; però i comportamenti richiamati sono tutti presenti. Forse, sono etichettati con altri termini.
Lino Montanaro