L’attuale ricorso alla vaccinazione di massa per combattere il “Covid”, suscita il ricordo nelle persone di una certa età della vaccinazione antivaiolosa, fatta fino alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, nel laboratorio della Croce Verde, ubicata prima in Via Santa Caterina e poi via IV Novembre (sóp’u Cullègge).
La vaccinazione consisteva nell’incisione del braccio sinistro del bambino con un pennino imbevuto di siero antivaioloso. Un’operazione vissuta con terrore poiché produceva dolore e lasciava sulla pelle un brutto segno dalla forma di una rotellina, detta “ ‘a nnèste“, una cicatrice presente sul braccio di chi non è più giovane.
In particolare, la cicatrice era fatta: rangecanne u vrazze c’u nu penníne, a forme de manuzzèlle tagghiate, (graffiando il braccio con un pennino, a forma di manina tagliata) che portava a pianti e al fuggi fuggi dei bambini. Qualche ora dopo poteva intervenire un febbrone da cavallo.
Qualche giorno dopo, passata la paura e i postumi della vaccinazione, i bambini, pavoneggiandosi, annunciavano orgogliosamente agli amici: “ M’agghje fatte ‘a nnèste”. Termine che deriva dal latino insitare.
La vaccinazione antivaiolosa non è più obbligatoria, perché il vaiolo è stato sradicato nel mondo e la rotellina, di cui tanti portano il segno, è solo un ricordo che appartiene alla storia della medicina.
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