Nella società lucerina di una volta i ruoli erano chiari: il padre era il padre e la mamma era la mamma e non esisteva la figura del genitore-amico e dove i figli maschi venivano seguiti nel loro percorso educativo fino alla fine del servizio militare, mentre per le ragazze il rigore educativo era ancora peggiore perché un comportamento consono era indispensabile per la futura ricerca di un marito. Il fine ultimo di questo lungo apprendimento era quello di consegnare alla società giovani capaci di rispettare le regole del vivere civile ed in grado di assumersi le proprie responsabilità, insomma di prepararli alla vita.
Per raggiungere questi obiettivi la severità dei nostri genitori era proverbiale, con l’utilizzo di metodi educativi che oggi possono apparire da “telefono azzurro”, un ricordo di altri tempi. Considerato che molte famiglie avevano tanti figli, il compito della mamma era difficilissimo perché su di essa gravava principalmente il compito dell’educazione dei figli, e l’esasperazione portava, in situazioni difficili, ad usare metodi “pedagogici” particolari. Di seguito se ne elencano alcuni:
– a colpi di ciabatta (a bbotte de chianílle) , metodo volante di una ciabatta lanciata con forza e maestria a mezz’altezza o parallelo al terreno (tèrra tèrre), per colpire le spalle o gli stinchi;
– a colpi di battipanni (a bbotte de bbattepanne), metodo dolorosissimo perché si veniva colpiti dappertutto;
– a colpi di zoccoli di legno (a bbotte de zúcchele), metodo che anche le mamme si astenevano il più delle volte di usare, in quanto spesso provocava una corsa in ospedale per mettere i punti di sutura a una testa rotta ;
– a colpi di matterello (a bbotte de laghenatúre), altro metodo utilizzato raramente perché provocava ammaccature non indifferenti;
– a colpi di bastone dello spazzolone (a bbotte de mazze de ratavìlle), che all’epoca era di legno , il metodo più utilizzato, che lasciava segni (facève rumanì i cherdúne) sulle braccia (‘mbacce i vrazze) e sulle gambe (sóp’i cósse);
– a colpi di mestolo (a bbotte de cucchjarèlle), metodo usato quando si toccava qualcosa che non era permesso e che consisteva in fulminei colpi sulle dita del malcapitato, provocando un dolore lancinante.
Il capo famiglia, nelle poche occasioni, in cui era richiesto il suo intervento, partecipava a colpi della cintura dei pantaloni (a bbotte de curreje) che lasciavano duraturi segni sul corpo dei poveri malcapitati.
Oltre a tali metodi in famiglia, a scuola gli insegnanti usavano la bacchetta (‘a bacchètte) per colpire il palmo delle mani e le gambe.”