Ci sono termini dialettali, simboli racchiusi nel cassetto speciale dell’armadio dei ricordi della nostra infanzia, come i “pissciavunnèlle“, che a pronunciarli, ancora oggi, portano un pizzico di magia, di nostalgia.
Il termine si traduce in italiano con due parole: stelline luminose. Sono piccolissimi fuochi d’artificio: un sottile filo di ferro, lungo circa 30, ricoperto per metà da materiale pirico che acceso produce delle stelline luminose.
Il termine, che originariamente era “appicciavunnèlle” poi mutato in “pissciavunnèlle“, richiama lo scherzo che i ragazzi di una volta erano soliti fare alle ragazze, minacciandole di buttare le stesse, una volta accese, sotto le loro gonne.
Erano accese, soprattutto, intorno ai falò la sera della vigilia dell’Immacolata e di Natale (a i fanoje a sére a veggìleje d’a Mmaculate e de Natale).
A Lucera si compravano al negozietto della famiglia Dell’Osso, ubicato a fine salita di Corso Manfredi; un piccolo emporio che vendeva un po’ di tutto, dai giocattoli agli articoli utili alle massaie lucerine.