Lucera in estate ha sempre avuto grande disponibilità di verdure, buone e fresche, da consumare subito.
Pertanto, fin dai tempi più antichi i lucerini hanno trovato il modo, secondo la tradizione contadina, di far rivivere per tutto l’anno il sapore e il gusto dell’orto stagionale.
Questo processo di conservazione dei prodotti era chiamato “conserva”, termine che deriva dall’incontro di due parole latine, “cum serbare“; cioè preservare una sostanza e mantenerla inalterata, in un contenitore utilizzando olio, sale e aceto o al naturale.
I vasetti, che originariamente erano di terracotta, vennero sostituiti da quelli in vetro, chiamati “ bbuccacce”, termine che deriva dal latino bucca, ovvero bocca, perché se visti dall’alto e privati della copertura, danno l’impressione di essere una bocca.
Le conserve erano tante; le più famose:
– i scarciofele sòtt’ úglje (carciofi sott’olio)
– i lambasciúne sòtt’ úglje (lampascioni sott’olio)
– i mulagnane sòtt’ úglje (melanzane sott’olio)
– i pemmedore sícche sòtt’ úglje (pomodori secchi sott’olio)
– I peparúle sòtt’ úglje (peperoni sott’olio).
I “buccacce” venivano acquistati in occasione della fiera agricola, che si teneva ogni anno a fine agosto, presso Porta San Severo. Una fiera d’epoca medievale, autorizzata con editto reale durante la dominazione angioina.
La fiera, fino a pochi decenni addietro, era l’occasione per comprare anche piatti, bicchieri, lampadari e ” ’a scupece”, una marinata di pesci fritti e verdure che venivano aromatizzati all’aceto.
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