A poco a poco e in modo quasi inconsapevole non usiamo più termini che appartengono al passato ormai desueti, perlopiù figli di un dialetto, il nostro, che oggi si fa sempre più fatica a tramandare. Termini che lentamente finiscono in soffitta, estranei al nostro lessico familiare e quotidiano.
Ad esempio “ I SCÌSCELE “, termine che sta ad indicare le schegge di mattoni forati rotti che venivano riutilizzati come riempimento oppure scaricati nei tratturi per colmare i fossi. Spesso nei cantieri si sentiva dire dai capomastri agli apprendisti: “Uagliò live ‘sti scìscele da sòtt’i píde che agghja fadegà pulíte!” (Ragazzo togli queste schegge da sotto i mie piedi che devo lavorare senza ingombri!).
Infatti “u mastre“ (il maestro) voleva da “u uaglione “(dall’apprendista), i mattoni pronti da mettere in opera e anche un ambiente di lavoro pulito. Perciò, “ninde scìscele pe ‘ndèrre, sott’e pide! (niente schegge per terra!)“.
Altri termini edili dialettali erano:
‘A CÈSTE (la cesta)
U PECONE (il piccone)
U SQUADRE E U FÓRE SQUADRE (attrezzi tecnici)
‘A CUCCHIJARE AMERECANE (cazzuola usata per livellare i muri)
‘A LÈVELLE (attrezzo usato per stabilire la linearità di un piano)
U CUCCHJAROTTE (piccola cazzuola),
‘A CAVECE (impasto di sabbia, acqua e calce)
U FILE A PIOMBE (strumento utilizzato per allineare una porta, un muro)
U TAVELLÓNE (mattoni forati)
U TELARE MURTE (struttura destinata ad accogliere la porta)
L’ÌRMECE (tegola), I REGGIÓRE (mattonelle di ceramica)
I CAVALLÈTTE (supporti per appoggiare), I CHIAMÍNDE (fessure tra mattoni)
‘A CAVECEMÒNIJE (calcinaccio)
U SABBIÒNE (sabbia mista a terra)
U MÀZZERE (strato duro del terreno)
‘A RÉNE (la sabbia), ecc .
Credits Foto: Cantiere – Muratori al lavoro, Fazioli, Ernesto – Fotografie
Collocazione: Milano (MI), Regione Lombardia, Fazioli, FZI_83_ST_TQ