Quando nevicava a Lucera e la neve si era depositata dappertutto, le mamme lucerine impegnavano i propri figli a raccogliere dai davanzali delle finestre la neve, quella più fresca e meno sporca. Doveva essere raccolta “àmbele àmbele” (delicatamente) per preparare la classica ” ZERUBBÈTTE C’U MUSTECÚTTE ” (neve e mosto cotto).
Comunque, esistevano tante varianti di condimento della neve. Potevano essere usati vari sciroppi di: menta, anice, limone, ciliegie; ma anche caffè e liquore Strega.
La neve era una gioia per i ragazzi; prima di tutto perché le scuole restavano chiuse e poi perché potevano gustare la ” zerubbètte, che insieme allo zucchero filato, era la cosa più buona ed economica da consumare.
Etimologicamente il termine deriva dall’arabo “sherbet”, una bevanda ghiacciata aromatizzata.
Ora, fare a ZERUBBETTE è impossibile; la neve è “avvelenata”, anche sui davanzali, dalle emissioni dei gas di scarico delle auto e del riscaldamento. Pertanto, tutte le mamme urlano ai propri figlioletti: “Non mettere la neve in bocca! E’ sporca!”.
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