Il dialetto ha anche un importante ruolo come scrigno che conserva la storia, perché risalendo all’origine del modo di dire spesso ci s’imbatte in fatti e vicende storiche. Nel nostro caso il riferimento è alla Guerra d’Abissinia, combattuta dall’Italia contro l’Impero d’Etiopia (dicembre 1895-ottobre 1896) e all’imperatore Menelik (Menelicchje).
A seguito di quest’evento furono coniate alcune locuzioni. Face i carrère Menelicchje è una di queste che letteralmente sta a significare che “fa le corse affannose di Menelik”. Essa fa riferimento ai comportamenti di questo sovrano che prima faceva accordi con il governo italiano e poi li disfaceva. Proprio ironizzando su ciò fu dato il nome ‘a lènghe de Menelicchje a un originale fischietto, molto usato ancora oggi durante il carnevale, che è fatto da un tubo di carta che contiene un’anima di fil di ferro, schiacciato e arrotolato. Basta soffiarci dentro e il tubo acquista la sua forma srotolandosi e allungandosi di scatto. Il modo di dire indicare chi dice o fa qualcosa e poi ritratta.
Si crearono anche, altri modi di dire, che avevano come soggetto la moglie di Menelik, la Tegina Taitù: – Se crède d’èsse ‘a Reggíne Taitú, (si crede di essere la Regina Taitù); – Se véste cúm’è ‘a Reggíne Taitù, (si veste come la Regina Taitù); – ‘A Reggína Taitù, Menelicchje nn’a vòle cchjù, (la Regina Taitù, Menelik non la vuole più); – Assemegghje u maríte d’a Reggine Taitù, (sembra il marito della regina taitù).
Tutti modi di dire entrati nel linguaggio comune, buoni per indicare una donna altezzosa e assai pretenziosa e il marito un uomo sottomesso.
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