Sono una parte importante della cultura popolare, tramandate oralmente di generazione in generazione. Sono costituite da motivetti in rima, composte da un numero variabile di versi, usati per descrivere diverse situazioni di vita quotidiana, raccontando storie divertenti o insegnamenti morali.
Ogni lucerino ne conosceva diverse che poteva richiamare in qualsiasi occasione. Particolare importanza avevano le filastrocche per bambini che le mamme e le nonne utilizzavano per quietare o per far addormentare i bambini; servivano anche a sviluppare la fantasia dei bambini e ad imparare, divertendosi insieme.
Una di queste serviva a insegnare ai bambini più piccoli le varie parti della faccia. Ovviamente la descrizione era rigorosamente in dialetto:
Varevarèlla bbèlle = Il mento (‘a ‘nguècchje)
Mussìlle bbèlle = Il muso ( u músse)
I doje melèlle = Le gote ( i scacche )
U rucche rucche = Il naso ( u nase)
I doje fenestrèlle = Gli occhi (l’úcchje)
‘A tavele appreparate = La fronte ( ‘mbronde)
A vígne a cucchjarèlle = La testa (‘ngape)
U cuzzètte peducchjúse = La nuca ( u cuzzètte).
Oggi questi elementi di storia e di identità lucerina sono quasi dimenticati.