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21 Novembre 2024
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Copertina Dialettando

Dialettando – “A Lucera si dice 51”, capacità espressive

Lucera, Caserma Militare
realizzazione siti web Lucera

Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

Il dialetto in generale, e quello lucerino in particolare, ha una sua capacità espressiva che è ampiamente riconosciuta, in quanto lingua adatta ad esprimere le cose quotidiane meglio e più compiutamente dell’italiano.

Ecco alcuni esempi:
• A NDÒ VAJE, ‘A MBORCHJE? = Modo di dire per indicare che l’interlocutore sta andando in luogo lontano
• C’IMA MÈTTE ‘A VOCCHE D’I GGÈNDE? = Siamo rimasti senza un briciolo di dignità, al punto da diventare oggetto delle dicerie della gente?
• A QQUÀ FENÈSSCE A’ FÍTE! = Espressione usata per indicare che la situazione ha preso una bruttissima piega
• DIMECE ‘STI QUATT’ÓSSE = Locuzione usata per confermare un avvenuto accordo
• A BBÙNA A BBÙNE = Senza motivo apparente è stato fatto un gesto insensato o si è verificato qualcosa di inopportuno o si è avuto un comportamento inappropriato
• È FATTE N’ACCATTE! = Espressione che manifesta scherno, derisione, svilimento per un’operazione svantaggiosa fatta da qualcuno
• SE NE JJÚTE D’ACÍTE = Espressione indirizzata a colui che ha perso la testa per una donna
• ÈCCHETE! = Espressione usata per rimarcare con rammarico il verificarsi di situazioni non volute
• PARE NU PÚRCHE FÓRE MORRE = È una persona sempre di cattivo umore
• CHE TE L’È MBRUSUTTÀ? = Mica devi tenere qualcosa a tutti i costi?
• PARE A MARÍJE SCAPELLATE = Ha sempre i capelli in disordine
• E CHE TTÉNE, ‘NA SORTE DE LATTÈRÍJE! = È una donna dal seno grande!
• PIGGHJE PÈZZE E ÙPPELE = Intervenire inopportunamente nelle vicende altrui
• PÁRE CHE L’À MUZZECÁTE ‘NA VIBBRE = È una persona molto suscettibile
• AH, QUÈLLE N’À FÁTTE DE BBATTAGLJE! = È una donna che ha detto troppi si!

Crediti Foto: Ascanio Iliceto

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

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