“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.
DIALETTANDO 357
A Lucera non si dice “ Di fronte al dovere, trova sempre una scusa per svicolare “ ma si dice: “ ASSEMÈGGHJE U CANE DON CRISPÍNE QUANNE AVEVA PIGGHIÀ A CACCE TANNE ÈVA CACÀ “ – (Traduzione: Sembra il cane di Don Crispino, quando doveva andare a caccia, allora doveva defecare)
A Lucera non si dice “ Ha perso completamente la linea “ ma si dice: “ QUÈLLE S’É TUTTA SQUASCIANATE“ – (Traduzione: Quella si è molto ingrossata )
A Lucera non si dice “ Fa le cose con calma eccessiva e lentezza esasperante “ ma si dice: “ E CHE SORTE DE MUSSCIARÌJE! “ – (Traduzione: E che specie di flemma!)
A Lucera non si dice “ Non te la prendere più di tanto “ ma si dice: “ NDE FACÈNNE MALE SANGHE“ – (Traduzione: Non fare sangue amaro)
A Lucera non si dice “ Ha indossato gli abiti migliori “ ma si dice: “ OGGE À FFATTE TULÈTTE “ – (Traduzione: Oggi si è vestito elegante)
A Lucera non si dice “ È una persona che ha sempre qualcosa in bocca da mangiare “ ma si dice: “ ‘A SCROFE CECCHÈTTE SÈMBE ARRUME “ – (Traduzione: La scrofa di Ciccetti ha sempre la bocca in movimento)
A Lucera non si dice “ Oggi ho tutte le ossa rotte “ ma si dice: “ ME SÉNDE CÚME S’AVÌSSE AVÚTE TANDA TACCARATE “ – (Traduzione: Mi sento come se avessi ricevuto tante bastonate)
A Lucera non si dice “ La situazione è arrivata alla sua conclusione “ ma si dice: “ S’È JENGÚTE ‘A SARÒLE “ – (Traduzione: Si è riempita la giara)
A Lucera non si dice “ L’abbondanza fa perdere il piacere del mangiare “ ma si dice: “ QUANNE ‘A TRIPPE È CHJÉNE, ÓGNE CÓSE FÈTE“ – (Traduzione: Quando la pancia è piena, ogni cosa puzza)
A Lucera non si dice “ Vive in una situazione favorevole, godendo di ottima salute“ ma si dice: “ PÌSSCE E CACHE CÚM’E NU PAPE“ – (Traduzione: Urina e defeca come un Papa)
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Commento di BARBARA PIERRO.
In questa affascinante chiosa lucerina, “A Lucera non si dice ‘Di fronte al dovere, trova sempre una scusa per svicolare,’ ma si dice: ‘ASSEMÈGGHJE U CANE DON CRISPÍNE QUANNE AVEVA PIGGHIÀ A CACCE TANNE ÈVA CACÀ’,” trovo un’espressione di saggezza popolare che travalica ,il mero linguaggio vernacolare, svelando un significato profondo e intrinseco che riflette, una comprensione acuta delle debolezze umane. Questa massima, così vibrante nella sua vivida immagine, rappresenta non solo, una critica alle scuse che spesso inventiamo ,per sfuggire ai nostri doveri, ma anche un affresco culturale che cattura l’essenza della condizione umana ,in tutta la sua complessità.Il proverbio di Lucera, con la sua espressività colorita e immediata, ci presenta un quadro vivido: il cane, Don Crispino, è colto nel bel mezzo di un momento di urgenza fisiologica ,proprio quando avrebbe dovuto affrontare un compito importante, ovvero, andare a caccia. Questa immagine, sebbene pittoresca e quasi umoristica, racchiude in sé una critica sottile ma incisiva, alle modalità con cui, spesso, l’essere umano trova pretesti, per evitare responsabilità e impegni. Nella rappresentazione di Don Crispino, il cane diventa un simbolo universale, delle nostre incertezze e delle nostre scuse, una personificazione delle evasioni che caratterizzano l’agire umano, di fronte alle sfide.Il proverbio non solo sottolinea il comportamento evasivo, ma lo fa, con una pregnanza ,che lo rende, estremamente, efficace. La figura del cane, scelta non a caso, serve come una metafora potente: l’animale, solitamente associato a fedeltà e diligenza, viene qui rappresentato, in un momento di debolezza, capace di evocare empatia e riflessione. La descrizione dettagliata – dal compito di caccia al bisogno impellente – permette di trasmettere non solo il messaggio ma anche le emozioni e le frustrazioni, legate a tali situazioni.
C’è una sorta di ironia amara nella scelta del cane come protagonista del proverbio. Gli animali, nelle culture popolari, incarnano spesso, tratti umani, e qui il cane, di norma simbolo di lealtà e affidabilità, viene descritto in un momento di vulnerabilità, sottolineando come ,anche i più fedeli tra noi possano cedere alle tentazioni ,della procrastinazione. È un ritratto che rivela l’umanità nella sua interezza, mostrando che la tendenza a trovare scuse è un tratto universale, che non risparmia nessuno, indipendentemente, dal proprio ruolo o responsabilità.L’uso del dialetto in questo proverbio non è semplicemente ,un vezzo stilistico, ma un elemento fondamentale che ne accentua l’autenticità e la forza comunicativa. Il dialetto, spesso relegato a un ruolo secondario ,rispetto alla lingua ufficiale, emerge qui ,come uno strumento potentissimo, per veicolare significati e sentimenti ,con una immediatezza e una precisione che sfuggono, alla formalità della lingua standard. In questo, la cultura lucerina esprime una saggezza millenaria, capace di trasmettere ,verità profonde ,con una semplicità disarmante.
Nel riflettere su questa chiosa, non posso che sentire un profondo senso di ammirazione per la capacità della saggezza popolare di esprimere concetti complessi ,attraverso immagini ,così vivide e accessibili. Le parole del proverbio invitano a una riflessione interiore, spingendoci a riconoscere, le nostre proprie scuse e a confrontarci ,con le nostre responsabilità. È un richiamo a superare la procrastinazione, ad affrontare i nostri compiti con determinazione e integrità, ricordandoci che le scuse, per quanto possano sembrare giustificate, spesso non sono altro che ostacoli ,che noi stessi, mettiamo sul nostro cammino.
In definitiva, il proverbio lucerino ci offre una lezione di vita ,avvolta, in un mantello di umorismo e saggezza popolare, ricordandoci l’importanza di affrontare i nostri doveri ,con sincerità e impegno. Questa chiosa, dunque, non è solo una finestra sulla cultura di Lucera, ma un riflesso della condizione umana, in tutta la sua complessità. Essa ci spinge a essere più consapevoli delle nostre azioni, a riconoscere e superare le nostre debolezze, e a trovare la forza di essere autentici e responsabili, nonostante le inevitabili tentazioni di svicolare e procrastinare.Grazie!!!
In foto – Anni 60-70 Via San Domenico
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