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21 Novembre 2024
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Dialettando 282 – Modi di dire Lucerini

realizzazione siti web Lucera

lino-montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 282

A Lucera non si dice “Perché vai così di fretta?” ma si dice
– “CHE È JÌ A SPEDÌ A’ PPOSTE? “ – (Traduzione: Che cos’è devi spedire la posta?)

A Lucera non si dice “È un incallito petomane” ma si dice
– “A QUILLE S’È NGANDATE A VEDÈLLA PETETARE “ – (Traduzione: A quella persona si è incantato il retto)

A Lucera non si dice “Ci toccherà fare una grande abbuffata” ma si dice
– “ÀMMA FFÀ CAPE CANALE” – (Traduzione: Dobbiamo fare capo canale)•

A Lucera non si dice “Quando meno te l’aspetti, può succedere!” ma si dice
– “CAPETÀ CE PÚJE!” – (Traduzione: Capitare ci può!)

A Lucera non si dice ” È una donna che attacca lite con molta facilità” ma si dice
– “È ACCUSSÌ SSCIARRATARE, CHE SE MÈTTE ANNANZ’U SPÈCCHJE E FACE A SSCIARRE P’ÈSSE STÈSSE” (Traduzione È così litigiosa che si mette davanti allo specchio e fa a lite con se stessa)

A Lucera non si dice “È un violentissimo acquazzone” ma si dice
– “CHJÓVE CHE PARE CHE VÓLE SCUFFULÀ U CÍLE “ – (Traduzione: Piove che sembra voler far crollare il cielo)

A Lucera non si dice “Va in giro, perdendo tempo” ma si dice
– “VACE SÈMBE PE SPARECE”  (Traduzione: Va sempre a cogliere gli asparagi)

A Lucera non si dice “L’acqua è un bene essenziale per la vita ” ma si dice
– “L’ACQUE È CUM’E NU SECONDE PADRATÈRNE” – Traduzione: (L’acqua è come un secondo Padreterno)

A Lucera non si dice “ È una persona superba e sprezzante “ ma si dice
– “NGRICCHE SÈMBE U CÚLE “ – (Traduzione: Irrigidisce sempre il sedere)

A Lucera non si dice “Sei veramente un incapace ” si dice
– “ ‘NZI BBÙNE NNÈ A FOTTE E MANGHE A FFÀ U SGUARCIATE “ – (Traduzione: Non sei capace nè a fottere, nè a fare la spia)

 

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COPERTINALINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO

Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.

Com’è possibile prenotarlo?

Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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