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16 Settembre 2024
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Dialettando 281 – Modi di dire Lucerini

realizzazione siti web Lucera

lino-montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 281

A Lucera non si dice “È davvero una buona forchetta” ma si dice
– “TE FACE ADDECRIJÀ QUANNE MAGNE “ – (Traduzione: Ti fa godere vederlo mangiare)

A Lucera non si dice “Ha pochissimi capelli” ma si dice
– “ASSEMÈGGHJE A ‘NA VUCÍLLE SPENNATE “ – (Traduzione: Sembra un uccello senza penne)

A Lucera non si dice “Non mi hai per niente difeso!” ma si dice
– “TE SI FECCATE ‘A LÈNGA ‘NGÙLE” – (Traduzione: Ti sei infilata la lingua nel sedere!)

A Lucera non si dice “ Nonostante gli sforzi, non ho ottenuto nulla ” ma si dice
– “ N’AGGHJE AVÚTE NNINDE E MMANGHE SALE ” – (Traduzione: Non ho ricavato niente e neanche il sale)”

A Lucera non si dice ” Non c’è la faccio più” ma si dice
– “STÉNGHE STANGHE, STRÚTTE, ACCÍSE E MÌSSE ‘ NGROCE” – (Traduzione: Sono stanco, distrutto, ucciso e messo in croce)

A Lucera non si dice “Quella cosa ti fa impazzire, ma non puoi averla” ma si dice
– “SI RUMASTE CÚM’E DONNA VIULANDE, ÚCCHJE CHJÍNE E MMANE VACANDE “ – (Traduzione: Ti sei ritrovato come Donna Violante, occhi pieni e mani vuote)

A Lucera non si dice “E’ inutile tentare di travisare i fatti con le parole” ma si dice
– “A NDÒ ‘NGE STANNE I FATTE, NEN CE PONNE I PAROLE” – (Traduzione: Dove non ci sono i fatti, non possono le chiacchiere)

A Lucera non si dice “Sono stato chiaro dall’inizio ” ma si dice
– “CE L’AGGHJE DITTE MBRIMA LANZE” – (Traduzione: Glielo ho detto in prima lancia)

A Lucera non si dice “ È una donna che non passa inosservata “ ma si dice
SE MMÌSSE ‘A VÈSTA ROSSCE E QUANNE CAMINE SE FACE CANOSSCE – (Traduzione:Ha indossato un vestito rosso e quando passeggia si fa conoscere)

A Lucera non si dice “Gli spifferi d’aria fanno male alla salute” si dice
– “ÀREJE DE FESSÚRE PORTE A SEBBLETÚRE “ – (Traduzione: Aria di fessura porta alla sepoltura)

 

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COPERTINALINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO

Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.

Com’è possibile prenotarlo?

Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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