“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.
DIALETTANDO 278
A Lucera non si dice “È una persona che si arrabbia facilmente” ma si dice
– “TÉNE SÈMBE ‘A STIZZA NGANNE “ – (Traduzione: Ha sempre la collera in gola)
A Lucera non si dice “Mi fai il piacere di tacere” ma si dice
– “MITTETE ‘A LÈNGHE NGÚLE “ – (Traduzione: Mettiti la lingua nel sedere)
A Lucera non si dice “È una persona eccessivamente seria e noiosa” ma si dice
– “MADÒ, QUAND’ÉJE NGHJUMMÙSE!” – (Traduzione: Madonna, come è pesante!)•
A Lucera non si dice “Volevamo mangiare a sbafo ma siamo rimasti delusi” ma si dice
– “SÍME JÚTE PE MMAGNÀ A CÁSA VINDOTTE MA ÀMME MAGNATE PANE E GGHJOGGHJERE!” – (Traduzione: Siamo andati per mangiare a casa ventotto, ma abbiamo mangiato pane e niente)
A Lucera non si dice ” È qualcosa che ha richiesto molto impegno e fatica in poco tempo!” ma si dice
– “L’AGGHJE FATTE A DALL’E DALLE!” – (Traduzione: L’ho fatta a dai dai!)
A Lucera non si dice “Quando a una persona si toglie l’indispensabile, la sua reazione diventa incontrollabile” ma si dice
– “SI O MÚPE CE SCIUPPE U PANE, I VÉNE ‘A PAROLA “ – (Traduzione: Se a un muto gli togli il pane, gli viene la parola)
A Lucera non si dice “A causa dei troppi vizi, ha dilapidato tutto il patrimonio familiare ” ma si dice
– “CANNARUZZE STRÍTTE STRÍTTE, S’È MAGNATE ‘A CASE CHE TUTT’U TÍTTE” – (Traduzione: Con la gola stretta, stretta, si è mangiato la casa con tutto il tetto)
A Lucera non si dice “È un ragazzo terribilmente vivace e malizioso” ma si dice
– “ÉJE NU MUZZECHE DE CRESTIJANE, MA FÉTE DE ZUCULÈLLA GARZE” – Traduzione: (È una piccola persona, ma puzza di cordicella bruciata)
A Lucera non si dice “Se si mangia bene, ne beneficia tutto il fisico “ ma si dice
– “ ’A TRÍPPE VOTTE I CCÓSSE“ – (Traduzione La pancia da vigore alle gambe)
A Lucera non si dice “Non ho voglia di fare neanche un lavoro di poco conto” ma si dice
– “NNE M’À FÍDE MANGHE DE FFÀ ‘NA VÈCETE “ – (Traduzione: Non ho la forza di far niente)
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LINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO
Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.
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Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it
REGOLE DI PRONUNCIA
Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.
1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).
2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).
3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).
4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.
5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).
6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).
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