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Dialettando 277 – Modi di dire Lucerini

lino-montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 277

A Lucera non si dice “Da invitato porta un dono e poi finisce
che egli stesso lo mangia” ma si dice
– “U CIUCCE PORTE ‘A PAGGHJE E CIUCCE S’A MAGNE“ – (Traduzione: L’asino porta la paglia e il
ciuccio se la mangia)

A Lucera non si dice “Ha perso ogni contegno morale, non
possiede più un freno” ma si dice
– “QUILLE NEN MÈTTE CCHJÙ RRESCIÓRE“ – (Quello non si mette più vergogna)

A Lucera non si dice “Nel dare a ciascuno il suo, Dio lo fa in qualunque modo” ma si dice
– “QUANNE CRISTE TE L’ADDA MANNÀ, TRASE D’O BBÚCHE D’A MASCKATÚRE” – (Traduzione: Quando Cristo ti vuole mandare un segnale, entra dal buco della serratura!)

A Lucera non si dice “Se non vuoi testimoni, fai le cose in segreto, senza farti vedere” ma si dice
– “VA CACHE LUNDANE,  ACCUSSÌ NZE SÉNDE U FÍTE” – (Traduzione: Vai a defecare lontano
così non si sente la puzza)

A Lucera non si dice “Perché continui a ridere mentre parlo?” ma  si dice
– “MA CHE TÉNGHE ‘A FACCIA TÉNDE?” – (Traduzione: Ma ho forse la faccia sporca?)

A Lucera non si dice “È una persona lagnosa, noiosa, pesante da  sopportare” si dice
– “ÈJE PROPEJE NU PELEMÓNE!“ – (Traduzione: È proprio un polmone)

A Lucera non si dice “Se riuscirò a prenderti, ti causerò seri danni fisici” ma si dice
– “QUANNE TE PIGGHJE, TE SDERENEJE – (Traduzione: Quando ti acchiappo, ti colpirò forte)

A Lucera non si dice “Bisogna sapersi accontentare di quello che si ha” ma si dice
– “PANE, CEPOLLE E CÓRE CUNDÈNDE” – Traduzione:  (Pane, cipolla e cuore contento)

A Lucera non si dice “ Hai timore ma non demordi “ ma si dice
– “TÍNE PAÚRE MA NEN GE FAJE FACCE“ – (Traduzione: Hai paura ma lo fai lo stesso)

A Lucera non si dice “ Ti maledico per il torto che mi hai fatto “ ma si dice
– “CHE TU NEN POZZA ARREVÀ A CRAJE “ – (Traduzione: Che tu non possa arrivare a domani)

 

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COPERTINALINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO

Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.

Com’è possibile prenotarlo?

Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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