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Dialettando 274 – Modi di dire Lucerini

lino-montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 274

A Lucera non si dice “Meglio non confidare molto sugli altri” ma si dice
– “CHI SE GRATTE PE L’ÓGNA SÚJE I PASSE U PRUDÌTE “ – (Traduzione: Chi si gratta con le sue unghie, gli passa il prurito)

A Lucera non si dice “Vale meno di niente” ma si dice
– “NZAPE NNÈ DE RÚTTE E MANGHE DE SANE “ – (Non sa né di rotto e né di sano)

A Lucera non si dice “Fa veramente caldo, ma è un fenomeno stagionale naturale” ma si dice
– “CHE CAVEDE, ÙMEDE E SCKATTÚSE” – (Traduzione: Che caldo, umido ed opprimente)

A Lucera non si dice “Non ho nessuna intenzione di usare quello che tu hai scartato!” ma si dice
– “E CHE M’AGGHJA MAGNÀ ‘A VANZA TÚJE!!” – (Traduzione: E che devo mangiare i tuoi avanzi!)

A Lucera non si dice ” Con molta non curanza si diverte a sfottere” ma si dice
– “SE NÉ VACE MMÚSSCE, MMÚSSCE, MA SFRUCULEJEJE ‘A MAZZARELLE SAN GIUSÈPPE” – (Traduzione: Se ne va piano piano, ma infastidisce il bastone di San Giuseppe)

A Lucera non si dice “Esegue tutto in fretta e male” si dice
– “FACE SÈMBE I CCÓSE ACCIAVATTATE “ – (Traduzione: Fa sempre le cose raffazzonate)

A Lucera non si dice “Se deve fare una cosa, deve essere sempre incitato da altri” ma si dice
– “CE VÓLE SÈMBE CHI U VOTTE PE NGÚLE” – (Traduzione: Ci vuole sempre chi lo spinge dal sedere)

A Lucera non si dice “Sono precauzioni inutili perché si tratta di qualcosa che non si può riparare” ma si dice
– “ÉJE ACQUA SANDE MBACCE E MMÚRTE” – Traduzione: (È acqua santa sul viso dei morti)

A Lucera non si dice “Le tue urla non mi impressionano affatto “ ma si dice
– “È VOGGHJE A LUCCULÀ MBACCE A CICCÌLLE “ – (Traduzione: Hai voglia a gridare in faccia al mio pene)

A Lucera non si dice “Mi ha guardato in modo risentito, storto “ ma si dice
– “M’À FFATTE ‘NA BBRÙTTE CERRATÚRE “ – (Traduzione: Mi ha fatto un brutto sguardo)

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COPERTINALINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO

Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.

Com’è possibile prenotarlo?

Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

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