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21 Novembre 2024
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Dialettando 273 – Modi di dire Lucerini

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lino-montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 273

A Lucera non si dice “È un uomo senza spirito di iniziativa, manipolato dalla moglie” ma si dice
– “STACE SÈMBE SÒTT’A PÈTTELE D’A MUGGHJÉRE “ – (Traduzione: Sta sempre sotto la gonnella della moglie)

A Lucera non si dice “Purtroppo è morto” ma si dice
– “À NZERRATE L’ÚCCHJE “ – (Ha chiuso gli occhi)

A Lucera non si dice “È venuta giù una pioggia torrenziale e improvvisa” ma si dice
– “S’È MMÌSSE A CHIJÓVE A SDELLÚVEJE ” – (Traduzione: Si è messo a piovere a diluvio)

A Lucera non si dice “Ma vai a quel paese e falla finita!” ma si dice
– “CA TE VONNE ACCIDE A TTE CHE NNE JJÍTTE U SANGHE DA NGANNE!”  (Traduzione: Che ti possano uccidere, gettando il sangue dalla gola)

A Lucera non si dice “Senza apparente motivo, ha messo il broncio” ma si dice
– “BBÈLL’E BBÙNE À FFATTE U MÚSSE STRINDE” – (Traduzione: All’improvviso ha fatto il muso serrato)

A Lucera non si dice “A causa di una congenita timidezza, ha difficoltà di rapporti con le donne” si dice
– “ASSEMÈGGHJE A TACCARILLE, VEDÉVE I FÈMMENE E FFUJÉVE “ – (Traduzione: Sembra Taccarille, che, vedendo le donne, scappava via)

A Lucera non si dice “Non perde l’occasione per chiedere qualcosa” ma si dice
– “ÉJE PROPETE NU CERCALEMÒSENE” – (Traduzione: Passa sempre per un mentecatto)

A Lucera non si dice “Non sei obbligato a fare qualcosa contro voglia!” ma si dice
– “ABBADE A TTÈ, T’AVÍSSA SUDÀ SÒTT’A LÈNGHE!” – Traduzione: (Stai attento, non sudare sotto la lingua!)

A Lucera non si dice “Quella ragazza non sarà mai una brava moglie “ ma si dice
– “NZAPE TENÈ MANGHE L’ACHE MMANE “ – (Traduzione: Non sa tenere neanche l’ago in mano)

A Lucera non si dice “È una persona che va sempre di fretta” ma si dice
– “ASSEMÈGGHJE A NU CANE CH’I TRIK TRAK NGÚLE “ – (Traduzione: Rassomiglia a un cane con piccoli petardi nel sedere))

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COPERTINALINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO

Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.

Com’è possibile prenotarlo?

Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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