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Dialettando 272 – Modi di dire Lucerini

lino-montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 272

A Lucera non si dice “Non è stato per niente diplomatico” ma si dice
– “ ‘À NGASATE TROPPE ‘A MANE “ – (Traduzione: Ha calcato troppo la mano)
– A Lucera non si dice “Ha creduto ingenuamente allo scherzo” ma si dice
– “SE L’È GGNUTTÚTE SANE SANE “ – (Traduzione Se l’è bevuta sana sana)

A Lucera non si dice “Ma di che stai parlando, sei fuori di testa?” ma si dice
– “CHE STAJE ACCUCCHIANNE, STAJE MBRIACHE?” – (Traduzione: Che stai dicendo, sei ubriaco?)

A Lucera non si dice “È una persona insulsa priva di personalità e carattere” ma si dice
– “MADÒ QUAND’ÉJE ASSALIJATE!” – (Traduzione: Madonna, quanto sei priva di sale in zucca!) •

A Lucera non si dice ” È una persona irascibile, incline alla collera” ma si dice
– “STACE SÈMBE A TTACCIA A TTACCE” – (Traduzione: E’sempre pronto a litigare)

A Lucera non si dice “È una situazione compromessa definitivamente” si dice
– “STATTE BBÙNE QUACQUARILLE! “ – (Traduzione: Addio paiolo!)

A Lucera non si dice “È una giornata umida, piovigginosa” ma si dice
– “OGGE U TÍMBE ÉJE QUÌQUERE” – (Traduzione: Oggi il tempo è incerto)

A Lucera non si dice “Fra di loro è una continua ripicca” ma si dice
– “FANNE A DDESPITTE A DESPITTE” – Traduzione: ( Si fanno dispetto su dispetto)

A Lucera non si dice “Devi stare molto attento a sparlare di me! “ ma si dice
– “QUANNE PARLE DE MMÈ, T’È LAVÀ ‘A VOCCHE C’A MEDECÍNE “ – (Traduzione: Quando parli di me, devi lavarti la bocca la varichina)

A Lucera non si dice “Spende il danaro con troppa facilità e non gli basta mai” ma si dice
– “ÉJE ACCUSSÌ FRUSSCIÓNE CHE NNÌ VVASTE NU PORTAFOGLJE A MÀNDECE “ – (Traduzione: E’ cosi spendaccione che non gli basta un portafogli a mantice)

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COPERTINALINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO

Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.

Com’è possibile prenotarlo?

Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

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