“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.
DIALETTANDO 271
A Lucera non si dice “È sempre consigliabile sfruttare le ore del mattino perché esse portano a ottimi risultati” ma si dice
– “‘A MATENATE FACE ‘A JURNATE “ – (Traduzione: La mattinata fa la giornata)
– A Lucera non si dice “Non ha nessuna pietà del dolore altrui ” ma si dice
– “TÉNE I PÍLE SÓP’U CÓRE “ – (Traduzione: Ha i peli sul cuore)
A Lucera non si dice “È una persona sospettosa e avara” ma si dice
– “TÉNE SÈMBE PAÚRE CHE U CÚLE S’ARROBBE ‘A CAMMÍSE” – (Traduzione: Ha sempre il timore che il sedere si rubi la camicia)
A Lucera non si dice “Ti auguro tutto il male possibile!” ma si dice
– “CHE PUZZA JETTÀ U SANGHE A RROCELE!” – (Traduzione: Che tu possa buttare il sangue a fiotti!) •
A Lucera non si dice “Ci adattiamo a tutte le circostanze” ma si dice
– “CÚM’È ‘A MUSICHE, ACCUSSÌ ABBALLAME” – (Traduzione: Come è la musica, così balliamo)
A Lucera non si dice “Mi costringono ad accettare le cose contro la mia volontà” si dice
– “ME VONNE PEGGHJÀ PE NGANNE“ – (Traduzione: Mi vogliono prendere con la gola)
A Lucera non si dice “È rimasto attonito, incapace persino di muoversi” ma si dice
– “SI I MINAVE ‘NA CURTELLATE, N’ASSCÈVE ‘NA STÍZZE DI SANGHE” – (Traduzione: Se gli davano una coltellata, non sarebbe uscita una goccia di sangue)
A Lucera non si dice “Senza un miglioramento degno di considerazione, non vale la pena cambiare ” ma si dice
– “MBÚSSE PE MBÚSSE, PISSCETE SÒTTE” – Traduzione: (Bagnato per bagnato, urinati addosso)
A Lucera non si dice “Abbiamo cominciato malissimo la giornata! “ ma si dice
– “FACIMMECE ’A CROCE, DE PRIMA MATÍNE! “ – (Traduzione: Facciamo il segno della croce di prima mattina)
A Lucera non si dice “Ti auguro di vederti morto al più presto” ma si dice
– “T’AGGHJA SÈMBA VENÌ A TTACCÀ ’A MÈZZASCOLE“ – (Traduzione: Dovrò sempre venire a legarti la benda da morto)
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LINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO
Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.
Com’è possibile prenotarlo?
Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it
REGOLE DI PRONUNCIA
Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.
1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).
2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).
3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).
4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.
5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).
6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).
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