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21 Novembre 2024
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Dialettando 269 – Modi di dire Lucerini

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lino-montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 269

A Lucera non si dice “Va curiosando, rovistando, frugando tra la roba ” ma si dice
– “VACE SCKITTE SCUCUGGHIANNE! “ – (Traduzione: Va cercando fra le cose)

A Lucera non si dice “Senza fare tanta fatica, approfitta del lavoro altrui” ma si dice
– “TROVE SÈMBE ‘A TAVELE APPARECCHIATE“ – (Traduzione: Trova sempre la tavola già imbandita)

A Lucera non si dice “Devo esaminare minuziosamente le sue parole e i suoi comportamenti” ma si dice
– “L’AGGHJA CÈRNE ND’U FARNALE” – (Traduzione: Lo devo cernere nel setaccio)

A Lucera non si dice “La natura non fa privilegi” ma si dice
– “U SÓLE AÈSSCE PE TUTTE” – (Traduzione: Il sole esce per tutti) •

A Lucera non si dice ” È sempre molto agitato” ma si dice
– “TÉNE SÈMBE U SANGHE A RREMÓRE” – (Traduzione: Ha sempre il sangue in agitazione)•

A Lucera non si dice “È stata una brevissima pioggia” ma si dice
– “À STIZZECHIJATE, À MBUSSE SCKITTE I CHIANGHÈTTE “ – (Traduzione: Ha piovigginato, bagnando solo le basole stradali)

A Lucera non si dice “Lavora malissimo perché fa le cose controvoglia” ma si dice
– “FACE I CCÓSE A SCKATTÀ NGÚRPE” – (Traduzione: Fa le cose in modo da farti scoppiare)

A Lucera non si dice “Se vuoi riuscire nella vita, non devi avere troppi riguardi nei confronti degli altri” ma si dice
– “I FÈSSE STANNE A PANE E ACQUE!” – Traduzione: (I fessi stanno a pane e acqua!)

A Lucera non si dice “È una persona inetta e inaffidabile“ ma si dice
– “VALE NU SOLDE FAVEZE “ – (Traduzione Vale un soldo falso)

A Lucera non si dice “Non perde occasione per polemizzare” ma si dice
– “AVE SÈMBE A CHE DDÌ “ – (Traduzione: Ha sempre da ridire)

 

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COPERTINALINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO

Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.

Com’è possibile prenotarlo?

Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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