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21 Novembre 2024
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Dialettando 266 – Modi di dire Lucerini

realizzazione siti web Lucera

lino-montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 266

A Lucera non si dice “Nessuno può ritenersi infallibile” ma si dice
– “PURE U PRÉVETE SBAGLJE A DDÌ ‘A MÈSSE“– Traduzione: (Anche il prete sbaglia nel dire la messa)

A Lucera non si dice “È una persona che non si impietosisce facilmente, che non molla “ ma si dice
– “QUILL’ÈJE N’ÚSSE TÚSTE A SCURTECÀ“– (Traduzione: Quello è un osso duro da scorticare)

A Lucera non si dice “Non dobbiamo far capire niente” ma si dice
– “ÀMMA PARLÀ CHE L’UPPELE MMOCCHE” – (Traduzione: Dobbiamo parlare con il tappo in bocca)

A Lucera non si dice “Aiuta due amanti a vedersi di nascosto” ma si dice
– “FACE ‘A MANDENA CAPE“– (Traduzione: Fa il reggi moccolo)

A Lucera non si dice “Si è arrabbiato tantissimo” ma si dice
– “SE FATTE VENÌ ‘A CUGGHJE” – (Traduzione: Si è fatto scendere l’ernia)

A Lucera non si dice “È una persona che si cura poco“ ma si dice
– “STACE CUMBUNATE CÚM’E NU CARAVUNÍRE “– (Traduzione: È combinato come un carbonaio)

A Lucera non si dice “Stanno sempre insieme a far niente” ma si dice
– “ASSEMÈGGHJENE ‘A DITTE DE PÈTTELANGÚLE E CCUMBAGNE” – (Traduzione: Rassomigliano alla ditta Pettelanculo(*) e Soci). (*): lembo di camicia che fuoriesce posteriormente dai pantaloni.

A Lucera non si dice “È un bambino abbandonato dai genitori” ma si dice
– “ÉJE NU FIGGHJE D’A MADONNE” – Traduzione: (È un figlio della Madonna)

A Lucera non si dice “C’è stata una bomba d’acqua“ ma si dice
– “À CHIUPPETE C’A GALÈTTE“ – (Traduzione: Ha piovuto col secchio)

A Lucera non si dice “È una persona senza un soldo, senza alcuna risorsa” ma si dice
– “È SCKITTE NU SFASULATE “- (Traduzione: È solo uno squattrinato)

 

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COPERTINALINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO

Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.

Com’è possibile prenotarlo?

Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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