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Dialettando 263 – Modi di dire Lucerini

lino-montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 263

A Lucera non si dice “È persona di nessuna fiducia” ma si dice
– “QUILL’ÉJE ‘NA CAPA SSCIÀCQUE“ – Traduzione: (Quello è una testa vuota)

A Lucera non si dice “Bisogna essere attenti con le persone taciturne“ ma si dice
– “ACQUA CUJÉTE APPANDANE E FFÉTE“ – (Traduzione: L’acqua ferma ristagna e imputridisce)

A Lucera non si dice “È una persona bizzarra, sconclusionata” ma si dice
– “È PROPEJE SPANATE DE CAPE” – (Traduzione: È proprio fuori di testa)

A Lucera non si dice “È una persona che di un fatto sa tutto, dall’inizio alla fine” ma si dice
– “PARE ‘A VÈCCHJE I MEZZANÈLLE“ – (Traduzione: Sembra la vecchia della contrada Mezzanelle)

A Lucera non si dice “È una cosa impossibile da realizzare” ma si dice
– “ZÓCA CORTE E PUZZE AFFÚNE” – (Traduzione: Corda corta e pozzo profondo)

A Lucera non si dice “Si è soffermato per troppo tempo in un posto“ ma si dice
– “QUILLE À FFATTE I VÍRME“ – (Traduzione: Quello ha fatto i vermi)

A Lucera non si dice “È una persona che non ha peli sulla lingua” ma si dice
– “QUILL’ÉJE VÚNE CHE DICE I FATTE TÚSTE TÚSTE” – (Traduzione: Quello è uno che racconta i fatti con durezza)

A Lucera non si dice “Essere afflitto da un difetto di pronuncia” ma si dice
– “TENÉ ‘A ZEPPELE MMOCCHE” – Traduzione: (Avere la zeppa in bocca)

A Lucera non si dice “È una cosa ben fatta ma inutile“ ma si dice
– “TÉNE U SCURIATE SÈNZA CARROZZE” – (Traduzione: Avere il frustino senza la carrozza)

A Lucera non si dice “Fare un’azione inutile, che non darà risultati” ma si dice
– “CARRJIÀ L’ACQUE C’U PANARE“- (Traduzione: Trasportare l’acqua con il cesto)

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COPERTINALINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO

Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.

Com’è possibile prenotarlo?

Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

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