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21 Novembre 2024
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Dialettando 261 – Modi di dire Lucerini

Dialettando
realizzazione siti web Lucera

lino-montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 261

A Lucera non si dice “Sta succedendo qualcosa di irrazionale” ma si dice
– “È ZUMBATE ‘A VACCHE NGÚLLE O VOVE“ – Traduzione: (È saltata la mucca addosso al bove)

A Lucera non si dice “Persone pedanti e noiose“ ma si dice
– “APPARTENE ‘A RAZZE I TRENDASÉJE TIGNÚSE“ – (Traduzione: Appartiene alla razza dei trentasei tignosi)

A Lucera non si dice “È una persona che si inventa tantissime scuse pur di non fare il proprio dovere” ma si dice
– “QUILL’ÉJE VÚNE CHE VACE TRUÀNNE SÈMBE CÈSTE E CCANÈSTRE” – (Traduzione: Quello è uno che va sempre trovando cesti e canestri)

A Lucera non si dice “Tanta fatica per ottenere niente” ma si dice
– “À FATTE ‘A CORSE D’U CIUCCE“– (Traduzione: Ha fatto la corsa dell’asino)

A Lucera non si dice “È agitato perché, come al solito, non sa prendere una decisione” ma si dice
– “I VÈNENE I CUPEJOSE, NZAPE A NDÒ FFÀ L’ÓVE” – (Traduzione: Gli vengono le vampate al viso, non sa dove andare a fare l’uovo)

A Lucera non si dice “È una persona sempre disponibile“ ma si dice
– “ASSEMÈGGHJE CHE TÉNE NU CAMBANÌLLE NGÚLE“– (Traduzione: Sembra che tiene un campanello nel sedere)

A Lucera non si dice “Ti potevi sforzare di più!” ma si dice
– “CHE TE SÌ FFATTE MALE, À BBURTÚTE ‘A MUGGHJÈRE U’ SINNECHE?” – (Traduzione: Che ti sei fatto male, ha abortito la moglie del Sindaco?)

A Lucera non si dice “Mi sono alzato di pessimo malumore” ma si dice
– “OGGE ME SÒ AVEZÁTE C’U CÚLE A SMÈRZE” – Traduzione: (Oggi mi sono alzato con il sedere alla rovescia)

A Lucera non si dice “Non ti stimo per niente“ ma si dice
– “IJE A TTÈ TE TÉNGHE APPISE A L’ÙTEME BBETTÓNE D’A VRACHÈTTE” – Traduzione: (Io a te ti tengo appeso a l’ultimo bottone della patta)

A Lucera non si dice “Da l’impressione di essere sempre al limite della pazienza” ma si dice
– “PARE CHE I VÓLLE SÈMBE ‘A SÈGGIA NGÚLE“ – (Traduzione: Sembra che gli scotti sempre la sedia sotto il sedere)

 

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COPERTINALINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO

Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.

Com’è possibile prenotarlo?

Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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