“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.
DIALETTANDO 257
A Lucera non si dice “È ancora piccolo, ma è di una cattiveria unica, capace delle peggiori azioni” ma si dice
– “È NU MEZZÓNE DE CRESTIJANE, MA FÉTE D’ÈSSE ACCÍSE“ – (Traduzione: È mezza persona , ma puzza da essere ucciso!)
A Lucera non si dice “Gli va sempre tutto storto“ ma si dice
– “PARE U QUADRE D’A DESPERAZZIÓNE“– (Traduzione: Sembra il quadro della disperazione)
A Lucera non si dice “Non si può fare il passo più lungo della gamba” ma si dice
– “CHI VÓLE FFÀ U PITETE CCHJÙ GRUSSE D’U CÚLE, S’U SGARRE!” – – (Traduzione: Chi vuole fare il peto più grosso, alla fine si squarcia )
A Lucera non si dice “Improvvisamente parla in maniera saccente” ma si dice
– “À MÌSSE ‘A LÉNGHE DÌNDE O’ PULÍTE“– (Traduzione: Ha posto la lingua nel pulito)
A Lucera non si dice ” Chi ha avuto bastonate dalla vita se le deve tenere” ma si dice
– “UÁJE E CÓRNE, MÁRE A CHI L’AVE” – (Traduzione: Guai e corna, male per chi li ha)
A Lucera non si dice “Si è partiti per fare un buon affare e si è rimasti con un pugno di mosche“ ma si dice
– “ÀMME FÁTTE DA ‘NA COPPELE ‘NA SCAZZÈTTE“– (Traduzione: Abbiamo fatto da un cappello uno zucchetto)
A Lucera non si dice “Prima di dare un giudizio è meglio sentire le diverse opinioni” ma si dice
– “I CAMBÁNE SE SÈNDENE SÈMBE A CÓCCHJE” – (Traduzione: Bisogna sentire tutte le campane)
A Lucera non si dice “Chi possiede i mezzi agisce e comanda” ma si dice
– “CHI TÉNE CCHJÙ POLEVE SPARE, E PURE LUNDANE” – (Traduzione: Chi ha più polvere spara, e anche lontano)
A Lucera non si dice “È troppo esuberante e temerario“ ma si dice
– “VACE TRUUVANNE ‘A MORTE PE RECÍTTE” – (Traduzione: Va cercando la morte per riposo)
A Lucera non si dice “È una persona sempre pronta a brontolare” ma si dice
– “ASSEMÈGGHJE ‘A GATTE C’U PELEMÓNE MMOCCHE“ – (Traduzione: Sembra la gatta con il polmone in bocca)
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LINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO
Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.
Com’è possibile prenotarlo?
Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it
REGOLE DI PRONUNCIA
Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.
1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).
2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).
3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).
4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.
5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).
6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).
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