“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.
DIALETTANDO 246
DIALETTANDO 246
A Lucera non si dice “Si può morire da un momento all’altro, all’improvviso” ma si dice
– “OGGE NFEGÚRE E DUMANE NZEBBLETÚRE“
(Traduzione: Oggi presente e domani sepolto)
A Lucera non si dice “E’ una persona di salute cagionevole“ ma si dice
– “M’ASSEMÈGGHJE U CIUCCE MALAMESÚRE“
(Traduzione: Mi sembra l’asino di Malamesure – popolano lucerino).
A Lucera non si dice “Chi ha problemi di soldi, affoga nei debiti fino ai capelli” ma si dice
– “CHI È SÈNZA DENARE, È CCHJÍNE DE ZÈLLE”
(Traduzione: Chi è senza denari, è pieno di debiti)
A Lucera non si dice “I lucerini hanno poca voglia di lavorare e, se costretti a farlo, cercano di fare il meno possibile” ma si dice
– “LUCERÍNE CÚLE APPÍSE“
(Traduzione: Lucerini con il sedere appeso. Nb: detto dei paesi vicini riferito ai lucerini)
A Lucera non si dice “L’avvocato poco esperto per trovare una soluzione ha bisogno sempre di documentarsi e consultare il codice” ma si dice
– “ ‘A VVUCATE FÈSSE, LEGGE SÈMBE U PRUCÍSSE”
(Traduzione: L’avvocato poco preparato, legge sempre le carte del processo)
A Lucera non si dice “Molte persone vedono i difetti degli altri ma non i propri“ ma si dice
– “ ‘A CAVEDARE DECÌJE A’ FREZZÓLE, FATTE CCHJÙ LLÀ, SENNÒ ME TÍNGE”
(Traduzione: La caldaia disse alla padella, fatti più in là, altrimenti mi sporchi)
A Lucera non si dice “Le sue intenzioni non sono mai buone” ma si dice
– “VACE SÈMBE CHE L’ÓGNA SPACCATE”
(Traduzione: Va sempre con l’unghia spaccata)
A Lucera non si dice “Non si guadagna il paradiso solo con le preghiere” ma si dice
– “È MÒ ARRÍVE A CCRISTE SCKITTE C’U PADRÈNOSTRE!”
(Traduzione: Non si arriva a Cristo solo con il Paternostro)
A Lucera non si dice “Quando le cose si ottengono senza sforzo non si apprezzano“ ma si dice
– “ ‘A NÌLLE CHE NZE PAGHE NZ’APPRÈZZE”
(Traduzione: L’anello che non si paga non si apprezza)
A Lucera non si dice “C’è un assembramento di molte persone” ma si dice
– “STANNE CRESTIJANE A STRASSCÍNE“
(Traduzione: Stanno persone in quantità).
———————————————————————————————————————-
LINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO
Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.
Com’è possibile prenotarlo?
Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it
REGOLE DI PRONUNCIA
Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.
1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).
2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).
3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).
4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.
5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).
6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).
[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]