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21 Novembre 2024
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Copertina Dialettando

Dialettando 233 – Modi di dire Lucerini

Modi di dire lucerini di Lino Montanaro
realizzazione siti web Lucera

Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 233

A Lucera non si dice “Mi hai proprio rotto, sparisci altrimenti ti combino male” ma si dice
– “ ‘MÒ ME FATTE ABBUTTÀ ‘A UALLE, LIVETE DA NANZE SENNÒ TE STRUPPEJE!

A Lucera non si dice “Non facciamo la solita accozzaglia con persone di ogni tipo “ma si dice
– “MÒ NFACIME U PÈSSCE AMMISCKE

A Lucera non si dice “È successo qualcosa di inatteso” ma si dice
– “CATAFRÉCHE TÉNEVE ‘NA FIGGHJE E CATAFOTTE S’À SPUSAJE

A Lucera non si dice “Si presenta bene, ma ha dei difetti” ma si dice
– “L’ÓGNE APPETTÁTE E ‘A RACCHE ARRÉT’I CALECAGNE

A Lucera non si dice “Non ti preoccupare, tutto andrà bene” ma si dice
– “GNUTTE CH’È VERMUTTE!

A Lucera non si dice “Ha i piedi piatti che divergono verso l’esterno “ ma si dice
– “TÉNE I PPÍDE CÚM’E DONGGÍRE

A Lucera non si dice “Fregati con tutto il parentato” ma si dice
– “FRÉCHETE A TTÈ E CHI T’À LLATTÁTE!

A Lucera non si dice “È una ragazza anoressica, con le gambe così minute che si piegano sopra le ginocchia” ma si dice
– “QUÈLLA LLÀ TÉNE I CCÓSSE A STUCCHJE DE CEPOLLE, QUANNE CAMMÍNE PARE SE SPEZZÈNE

A Lucera non si dice “In ogni famiglia ci sono problemi “ma si dice
– “DÌND’A ÓGNE CCÁSE CE STACE NU MATÓNE RÚTTE

A Lucera non si dice “Quando parla si mangia le parole” dice
– “QUÌLLE QUÁNNE PARLE, ARRAVOGGHJE

 

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COPERTINA

LINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO

Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.

Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera.

 

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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