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21 Novembre 2024
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Dialettando 170 – Modi di dire Lucerini

realizzazione siti web Lucera

Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 170

A Lucera non si dice “Le persone veramente in gamba non hanno bisogno di suggerimenti” ma si dice
– “A’ CAVÁLLE DE RÁZZE NGE BBESOGNE DE SCURJÁTE

A Lucera non si dice “ Si lamenta sempre perché non sa apprezzare tutto quello che ha“ ma si dice
– “U MÓNECHE D’A PIÈTÀ, MÁGNE E VÉVE E NNE POTE CACÀ

A Lucera non si dice “Chi lavora per gli altri non ha tempo per sé” ma si dice
– “U CHESETÓRE C’U CAVEZÓNE STRAZZÁTE E U SCARPÁRE CH’I SCÁRPE ROTTE

A Lucera non si dice “Quando hai a che fare con certe persone è meglio evitarne la frequentazione, se è possibile“ ma si dice
– “PRÍVETE, MÚNECE E CÁNE, È STÀ SÈMBE CHE NU TACCHERE MÁNE

A Lucera non si dice ” La malvagità delle persone ha radici profonde” ma si dice
– “A MMÈRDE SÒTT’ACQUE NZE VÉDE

A Lucera non si dice ” Donne e carboni sono ugualmente pericolosi“ ma si dice
– “ ‘FÈMMENE E CARAVÚNE, STUTÁTE TÈNGENE E APPICCIÁTE CÒCENE

A Lucera non si dice “Finché godo i privilegi derivanti da una certa situazione, non mi preoccupo di chi l’ha determinata” ma si dice
– “ ‘SCALEFE DE CÚLE, SCALEFE DE FRÉGNE, A FACCE DE CHI À FÁTTE ‘A LÉGNE

A Lucera non si dice “Le parole sono vane se non sono seguite dai fatti!” ma si dice
– “AÙREJE SÈNZA CCANÍSTE, FFÀ CÚME SI NEN L’ÀVÍSSE VVÍSTE

A Lucera non si dice “Adesso devi proprio lasciar questa attività perché non è per te“ ma si dice
– “VÀ SSCIUPPE L’ÈREVE ND’U GGIARDÍNE DE MENZEGNÓRE CH’ÉJE CCHJÙ TÈNERE

A Lucera non si dice “È un negozio scarsamente fornito “ ma si dice “PÁRE ‘A PUTECHE I CIUNGHE

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

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