La seconda scelta della nostra rubrica sulle bellezze pittoriche che arricchiscono il patrimonio artistico nelle chiese del nostro territorio, è caduta su un dipinto collocato nella stupenda chiesa di San Domenico.
Come in precedenza, tralasciamo la storia e le caratteristiche della chiesa per concentrarci sul quadro selezionato e sul suo autore: Il Miracolo di Soriano di Massimo Stanzione.
Massimo Stanzione
Il Miracolo di Soriano
Le notizie biografiche dell’artista scarseggiano o sono contradditorie, ma è certo che fu una figura di rilievo della scuola napoletana del Seicento ed è, tuttora, una personalità preziosa nel panorama artistico italiano. Massimo Stanzione è un magnifico pittore, nato a Frattamaggiore o, secondo altri, a Orte di Atella (NA) nel 1585 e morto a Napoli nel 1656, presumibilmente a causa di un’epidemia di peste che flagellò la città in quegli anni. Fu attivo principalmente a Roma e a Napoli e dintorni nel periodo barocco, e si formò presso la non meglio documentata bottega di Fabrizio Santafede, un pittore manierista, di cui viene conservato un bellissimo quadro anche nella Cattedrale di Lucera.
A Roma soggiornò e approfondì i suoi studi. Qui ha potuto ammirare le tele di Caravaggio, Guido Reni e Annibale Caracci, massimi esponenti della loro arte; tuttavia, lo stile di Stanzione rimase molto personale e ben riconoscibile. Ancora a Roma iniziò una stretta collaborazione con Artemisia Gentileschi, la cui influenza, si dice, fu più che moderata e, soprattutto, reciproca, tanto da asserire che alcune opere della Gentileschi furono frutto di un lavoro a quattro mani.
Successivamente si stabilì definitivamente a Napoli, dove è possibile osservare, ancora oggi, molte sue opere, tra cui gli affreschi nella chiesa Gesù Nuovo e quelli nella basilica di San Paolo Maggiore; infatti, l’autore non disdegnò la tecnica dell’affresco, benché il suo autentico valore sia riscontrabile nelle grandi pale d’altare. Queste ultime presentano i caratteri peculiari e lo spirito vitale che saranno riproposti al vasto seguito di allievi e imitatori che animeranno la sua scuola. La restante produzione pittorica è visibile presso i vari musei italiani e europei, ma soprattutto in ambiente ecclesiastico, come appunto nel nostro caso.
Il dipinto, Il Miracolo di Soriano, misura 260×210 cm e fu realizzata, probabilmente, dopo il 1640. La scena devozionale qui rappresentata, è ispirata a un avvenimento miracoloso realmente accaduto a un domenicano del convento di Soriano Calabro: al frate Lorenzo da Grotteria sarebbe apparsa, nella notte tra il 14 e il 15 settembre 1530, la Madonna, accompagnata da Maria Maddalena e da Santa Caterina d’Alessandria, con l’intento di consegnargli una tela rievocante l’effigie di san Domenico di Guzmán, fondatore dell’Ordine, da porre nel convento, situato nella località calabrese.
La tela in questione risulta essere il fulcro della composizione, lì dove confluisce lo sguardo a contemplare il santo ritratto e riconoscibile da un libro, simbolo della sapienza dei membri dell’Ordine e un giglio, simbolo della loro purezza, oltre che dall’abito. Le tre sante occupano i vertici della struttura piramidale che si viene a formare secondo un rigido rispetto della prospettiva lineare: in particolare, seguendo un procedimento ascensionale, in alto troneggia la Vergine, ravvisabile per il colore delle vesti e il suo operare misericordioso; alla nostra destra si individua Santa Caterina con in mano la palma del martirio e il manto rosso; infine, a sinistra la Maddalena, contraddistinta dal vasetto d’unguento e dai lunghi capelli parzialmente avvolti da un copricapo, è l’unica figura che sembra alienarsi dalla scena, in quanto non presta attenzione alla cessione dell’icona al frate stupefatto, ma rivolge gli occhi allo spettatore. Questo particolare, sommato a una familiarità nelle fattezze, ha alimentato l’ipotesi che proprio Artemisia Gentileschi possa celarsi sotto le sue sembianze, a rafforzare l’idea di una vicinanza tra i due artisti.
“Il miracolo di Soriano” sarà consacrato a topos agiografico e iconografico e non vi è chiesa domenicana che non ne sfoggi un esempio al suo interno.
Della committenza non si sa nulla, ma una cosa è certa: la raffinatezza dello stile, la ricercatezza dei colori, l’uso intelligente della luce e altri caratteri, fanno spiccare questo quadro e gli conferiscono una meritata menzione tra i quadri più importanti e belli esposti nelle chiese di Lucera.
Annarita e Gianni Mentana
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Annarita e Gianni Mentana