I proverbi e i modi di dire lucerini sono tanti. Di solito la loro origine è lontana e frutto di culture passate. Molto spesso hanno alle loro spalle un riferimento ben preciso, ovvero una storia e un significato, che non molti conoscono, dato che si tratta di detti appartenenti alla tradizione, alcuni scomparsi e altri poco in uso. Allora, non è mai troppo tardi per riproporli e questa rubrica offre un’opportunità piacevole, e speriamo interessante, per saperne di più.
” CHE, SE VÉNNE ‘A CUPETE? “
Traduzione: (Che, si vende la copeta?).
Significato: “E’ un modo di dire, un po’ stizzito, usato da chi vede violata la propria privacy da quei curiosi che si soffermano a guardare qualcosa che è successo in strada o in una casa”.
Curiosità: “Quando si sente la parola “cupéte” viene subito in mente “ u cupetáre”, colui che vende ‘a cupéte. U cupetáre per antonomasia era Ajtanílle (Gaetano De Mare) che aveva il banco in Piazza Nocelli. E’ sempre stata una tradizione lucerina fermarsi la domenica mattina e nei giorni delle feste patronali presso questo banco per acquistare “i nucèlle amerecáne”, “ i nucèlle mburnáte”, “i nóce” e, soprattuto “ ‘a cupéte”. Per mangiare quest’ultima, che è un dolce fatto di zucchero lavorato, nocciole e cioccolato ed è venduto a peso e pezzi, ci vuole il martello per romperla in pezzi più piccoli che addentati si lasciano ammorbidire un pochino tra lingua e palato. Una delizia per bambini, ragazzi e meno giovani: un problema per chi aveva problemi con i denti.”
Rubrica di Lino Montanaro & Lino Zicca