“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.
DIALETTANDO 306
A Lucera non si dice “Sono stufo di questa situazione “ ma si dice
– “ÓGGE TÉNGHE L’ÓVE A SMÈRZE “ – (Traduzione: Oggi ho le uova al contrario)
A Lucera non si dice “Ha un attaccamento patologico al denaro” ma si dice
– “QUILLE ÉJA VÚNE CHE ARROSTE ‘A CARNE C’A LUCE “ – (Traduzione: Quello è una persona che arrostisce la carne con la luce)
A Lucera non si dice “Non gli scappa nulla” ma si dice
– “STACE SÈMBE PE L’ÚCCHJE NGÚLLE” – (Traduzione: Tiene sempre gli occhi addosso)
A Lucera non si dice “È certo quello che dico” ma si dice
– “T’U GGIURE, QUAND’E VÉRE ‘A MORTE” – (Traduzione: Te lo giuro, com’è vera la morte!)
A Lucera non si dice “Ma veramente pensi che voglia approfittare?” ma si dice
– “CHE ME NE SÒ FFIÚTE? “– (Traduzione: Mica sono scappato!)
A Lucera non si dice “Riesce a combinare solo disastri” ma si dice
– “È ‘NA FÈMMENE CH’I MMANE CIONGHE” – (Traduzione: È una donna con le mani paralizzate )
A Lucera non si dice “Per essere previdenti, ogni cosa va fatta a tempo debito” ma si dice
– “ACCATTE U ‘MBRÈLLE QUANNE U TÍMB’È BBÈLLE “ – (Traduzione: Compra l’ombrello quando il tempo il bello)
A Lucera non si dice “Sono tre persone che vanno sempre insieme” ma si dice
– “MÒ S’ABBÍJENE ROCCHE, LÍJE E BBALDASSARE“ – (Traduzione: Adesso si avviano Melchiorre, Elia e Baldassare ( i Re Magi)
A Lucera non si dice “Con gli ostinati bisogna comportarsi con coraggio e tanta fermezza “ ma si dice
– “A FRONDA TOSTE PRÉTA PEZZÚTE”– (Traduzione: A testa dura pietra appuntita)
A Lucera non si dice “Si perde sempre dietro cose inutili” ma si dice
– “VACE NGANDANNE L’ACQUARE “ – (Va contemplando la rugiada)
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LINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO
Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.
Com’è possibile prenotarlo?
Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it
REGOLE DI PRONUNCIA
Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.
1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).
2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).
3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).
4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.
5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).
6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).
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