Nella Lucera di una volta non sempre si usava la terminologia corretta delle parti del nostro corpo. In alcuni casi c’era una sorta di pudore per cui, specie per gli organi sessuali, si usava una serie di pseudonimi. Il sesso era un argomento tabù, per cui per denominare gli organi sessuali si utilizzava il castigato termine “I VVERGOGNE“, considerandoli oggetto di vergogna. Comunque, erano argomenti di cui non si doveva parlare specialmente con i bambini. Emblematico era il caso delle prime mestruazioni di una ragazzina. Si diceva: “POVERA UAGLJÓNA, È CADÚTE P’I SCALE“; un modo di dire, che accompagnato da un’espressione falsamente dolente, indicava una caduta figurata.
L’evento faceva accorrere tutte le donne della famiglia che in maniera sorniona pronunciavano la famigerata frase “È DDEVENDATE SEGNURENÈLLE!”.
Le mestruazioni, argomento tabù, venivano definite con pseudonimi e similitudini: téne u mése, stace mbecciate, stace mbedíte, téne u marchése, stace facènne ‘a cunzèreve.