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21 Novembre 2024
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Dialettando 148 – Modi di dire Lucerini

realizzazione siti web Lucera

Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 148

A Lucera non si dice “Un comportamento scorretto tenuto da tutti in definitiva viene ritenuto ammissibile ” ma si dice
– “TUTTE I CÁNE PISSCENE MBÁCCE O’ MÚRE

A Lucera non si dice “Quella casa è pulitissima” ma si dice
– “ ‘NDA QUÈLLA CÁSE CE’ PÚJE MAGNA NDÈRRE

A Lucera non si dice ” Ha la capacità di cavarsela sempre con abilità” ma si dice
– “ÉJE ‘NA BBÈLLA PÈLLE P’U LÍTTE

A Lucera non si dice “Si sono sputtanati per niente; quella è gente che vale poco ” ma si dice
– “SE SÒ CACÁTE ‘A FÁCCE PE NINDE, QUILLE SÒ CÁRNE DE BÁSSA MACÈLLE

A Lucera non si dice ” È una donna energica, che sa il fatto suo” ma si dice
– “‘ÉJE ‘NA FÉMMENA MASCULÍNE, TÉNE I BÁFFE

A Lucera non si dice ” Io ho un comportamento improntato alla frugalità ed all’essenziale
– “MÈGGHJE PÁNE E CEPOLLE A’ CÁSA MÍJE CHE ‘A VETÈLLE A’ CÁSE DE L’AVÈTE !

A Lucera non si dice ” È una gran pettegola, s’impiccia sempre degli affari degli altri” ma si dice
– “ÉJE PROPREJE ‘NA VOCCHE DE CIAVELE, S’ADDA MBECCIÀ SÈMBE D’I CACCHJE DE L’AVÈTE

A Lucera non si dice “Parlare è semplice, agire molto meno “ ma si dice
– “ ‘NA CÓSE È SAPÈ DÌ E ‘NA CÓSE È SAPÈ FA’”

A Lucera non si dice “Godere placidamente dei piaceri semplici della vita“ ma si dice
– “JÍRSENE ‘NZUCCHELE ‘NZUCCHELE

A Lucera non si dice “Mi stai riempiendo la testa di storie inverosimili“ ma si dice
– “ME STÁJE ABBUTTÁNNE ‘A CÁPE DE RÉFELE DE VÍNDE

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

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