I proverbi e i modi di dire lucerini sono tanti. Di solito la loro origine è lontana e frutto di culture passate. Molto spesso hanno alle loro spalle un riferimento ben preciso, ovvero una storia e un significato, che non molti conoscono, dato che si tratta di detti appartenenti alla tradizione, alcuni scomparsi e altri poco in uso. Allora, non è mai troppo tardi per riproporli e questa rubrica offre un’opportunità piacevole, e speriamo interessante, per saperne di più.
” STACE ASSETTATE C’U CÚLE PE ‘NDÈRRE”
Traduzione: (È seduto con il sedere per terra)
Significato: “E’ ridotto veramente in miseria, avendo perso tutto e non avendo più niente”
Curiosità: È una espressione molto colorita che è che è entrata nel linguaggio quotidiano di tutti i dialetti italiani e che deriva da un rituale cui venivano pubblicamente sottoposti i commercianti falliti. Infatti era consuetudine far spogliare nudo o seminudo il debitore insolvente nella pubblica piazza, costringendolo a sedersi su una grossa pietra e, una volta, “c’u cúle da fóre” doveva battere con il sedere per tre volte consecutive, pronunciando una frase rituale: Cedo i miei beni. Anche a Lucera il debitore fallito doveva umiliarsi con questo gesto per la soddisfazione del creditore e la piazza prescelta era “ Ammizze Lècce”, cioè Piazza Lecce, così denominata perché ivi era ubicato il palazzo della famiglia nobile dei Lecce. Da qui l’altra forma del detto ” Te fa vedè u cúle Ammizze Lècce”, o si diceva anche “Te fa vedè u cúle a u púzze ‘u mberatóre”. Con il tempo, la pratica è scomparsa ma è sopravvissuto il modo di dire.
Rubrica di Lino Montanaro & Lino Zicca